C’è un luogo, nel nord del Benin, dove la medicina incontra l’ingegno e la fede si traduce in azione concreta: l’Ospedale Saint Jean de Dieu di Tanguiéta.
È qui che Fra Fiorenzo Priuli, medico e missionario dell’Ordine dei Fatebenefratelli, ha dato vita – insieme al suo staff – a un’invenzione semplice e rivoluzionaria: il Cono di Tanguiéta, conosciuto a livello internazionale come Tanguieta Funnel.
Negli anni ’80 e ’90, nelle sale operatorie di Tanguiéta, molti pazienti morivano per mancanza di sangue disponibile per le trasfusioni.
Le sacche erano poche, il sangue raramente compatibile, e le distanze con i centri urbani troppo grandi per garantire interventi tempestivi.
Fra Fiorenzo, chirurgo e missionario con decenni di esperienza in Africa occidentale, non poteva accettare di assistere impotente a quelle morti evitabili.
Fu da quella urgenza, da quella quotidiana lotta contro il tempo, che nacque l’idea di recuperare il sangue dello stesso paziente durante un intervento chirurgico e reintrodurlo in circolo in modo sicuro.
Con il supporto del suo staff medico e tecnico, e dopo anni di sperimentazioni, prese forma un dispositivo tanto semplice quanto geniale:
un imbuto metallico conico forato, capace di filtrare e raccogliere il sangue non contaminato dal campo operatorio per consentirne la reinfusione immediata.
Il sistema, oggi noto come Cono di Tanguiéta, permette di effettuare autotrasfusioni intraoperatorie anche in contesti dove non esistono banche del sangue o strumentazioni complesse.
È un presidio medico low-cost, sterilizzabile e riutilizzabile, nato da una medicina di necessità e d’ingegno.
Negli anni, l’invenzione di Fra Fiorenzo ha attirato l’attenzione della comunità scientifica internazionale.
La University of Michigan – Global Health Design Initiative (GHDI) ha condotto un progetto di ricerca in collaborazione con l’Ospedale Saint Jean de Dieu, per migliorare l’efficienza e la sicurezza del dispositivo.
Il team di ingegneri biomedici ha documentato che il Tanguieta Funnel:
Oggi, Fra Fiorenzo continua a operare a Tanguiéta con la stessa umiltà e determinazione di sempre.
Il suo “cono” non è solo un dispositivo medico, ma un simbolo di speranza, solidarietà e intelligenza condivisa.
È la prova che anche dove mancano le risorse, non manca la capacità di inventare soluzioni che salvano vite.
Come dice lui stesso:
Non abbiamo inventato la scienza. Abbiamo solo ascoltato la necessità.
Ogni giorno a Tanguiéta si combatte per dare una possibilità a chi non ne avrebbe.
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