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Giornata Mondiale della Salute Mentale: l’esempio della REMS Fatebenefratelli

Scritto da Fatebenefratelli | 10 ottobre 2025

La salute mentale non è solo un diritto da tutelare, ma un cammino di cura che chiede professionalità, attenzione, ascolto. Per i Fatebenefratelli, prendersi cura della mente significa riconoscere in ogni persona un valore che va oltre l’errore, la fragilità o la malattia. È in questa prospettiva che si inserisce il lavoro quotidiano della REMS “Anton Martin” di San Maurizio Canavese, dove giustizia e sanità si incontrano in un percorso di cura che restituisce dignità e futuro. Un esempio concreto di come la missione di San Giovanni di Dio continui oggi nei luoghi più complessi e delicati della nostra società.

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Ogni anno, il 10 ottobre, la Giornata Mondiale della Salute Mentale richiama l’attenzione sul valore cruciale delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS). Queste strutture, subentrate agli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), sono il luogo in cui giustizia e cura si incontrano, dove protezione collettiva e dignità individuale si bilanciano in un patto possibile. Il prof. Alessandro Jaretti Sodano, direttore della REMS “Anton Martin” di San Maurizio Canavese (TO), sintetizza con chiarezza il senso di questa esperienza: "Le REMS sono strutture sanitarie, non più carceri travestite."

 

Un sistema da rafforzare

Jaretti sottolinea che "la REMS Anton Martin ha permesso anche in Piemonte la grande innovazione portata della legge 81/2014; quindi il superamento degli OPG."

"Per l’attuazione completa della legge servono, purtuttavia, organici adeguati, criteri di invio coerenti, servizi territoriali non sguarniti. Inoltre sarebbe utile l'implementazione di posti letto nelle Rems piemontesi, nonché in quelle italiane; ricordo che prima della legge 81/2014 c'erano circa 1400 posti negli OPG ed ora sono circa 700. Ed infatti le liste di attesa sono molto lunghe. Sarebbe utile, inoltre, un rimodellamento delle figure professionali al fine di aumentare il personale dedito alla riabilitazione e quello dedicato alla sicurezza/prevenzione interna. Quando questi tasselli si allineano, i risultati si vedono: meno custodia, più trattamento, e veri percorsi di reinserimento".

 

Dagli OPG alle REMS

Per comprendere la portata rivoluzionaria della riforma, occorre tornare agli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG), strutture presenti in Italia fino al 2015. Realtà segnate da degrado, sovraffollamento, logiche custodiali che lasciavano poco spazio alla riabilitazione. Jaretti ricorda: «Gli OPG erano contesti spesso degradati, strutturalmente inadeguati e improntati a una logica prevalentemente custodiale; poche le strutture che facevano eccezione, dove l’impronta sanitaria era già più marcata».

Il cambiamento è arrivato con la Legge 81/2014, che ha sancito la chiusura definitiva degli OPG e il passaggio di competenza dalla Giustizia alla Sanità. “La legge 81/2014 ha chiuso gli OPG e ha trasferito la competenza dalla Giustizia alla Sanità: una rivoluzione necessaria.” La chiusura degli OPG è stata completata il 31 marzo 2015.

Quella legge ha introdotto due principi fondamentali:

  • La misura detentiva in REMS è extrema ratio, da adottare solo quando non vi sono alternative comunitarie.
  • La durata della misura di sicurezza detentiva non può mai eccedere la pena massima prevista per il reato, ponendo fine ai cosiddetti “ergastoli bianchi”.

Cosa sono le REMS

Le REMS non sono carceri. Sono strutture sanitarie territoriali, orientate alla cura, che accolgono persone autrici di reato per le quali il giudice ha riconosciuto un vizio di mente ed una elevata pericolosità sociale.

Jaretti lo spiega chiaramente: «Le REMS si fondano su tre cardini: sono strutture sanitarie, territoriali e orientate alla cura ed alla riabilitazione. Non sono un carcere sanitario, ma un luogo di cura che opera nel territorio». All’interno, l’équipe assieme al CSM, costruisce per ogni paziente un Percorso Terapeutico Riabilitativo Individuale (PTRI), che integra farmaci, colloqui, psicoterapia, attività riabilitative, educative e sociali.

 

Il modello organizzativo

Il cuore della REMS è l’équipe multiprofessionale. Psicologi, educatori, assistenti sociali, infermieri e operatori socio-sanitari lavorano accanto ai medici psichiatri. Una delle innovazioni più significative introdotte a San Maurizio è stata la figura degli OPSI (Operatori di Sicurezza Interna). Non semplici vigilanti, ma professionisti con un ruolo ben definito nel progetto riabilitativo.

 «La presenza e il lavoro dell’Operatore di Sicurezza Interna sono importanti perché portano un valido contributo alla realizzazione del progetto riabilitativo; sono complementari alla presenza e al lavoro degli operatori sanitari e unici per le loro peculiarità professionali».

Gli OPSI sono parte integrante dell’équipe e garantiscono una sicurezza non armata, orientata alla prevenzione e al supporto terapeutico. La loro attività si articola in diversi momenti della giornata: dall’accoglienza dei pazienti, con il supporto allo “spoglio” e al controllo degli oggetti vietati, fino alla sorveglianza discreta nelle attività quotidiane, nelle aree comuni e durante la somministrazione delle terapie. Gestiscono la control room e la portineria, monitorano il perimetro tramite videosorveglianza e intervengono in caso di agitazione psicomotoria o tentativi di allontanamenti arbitrari.

La logica non è quella della custodia, ma quella della sicurezza a servizio della cura. Gli OPSI garantiscono una presenza costante h24: uno per turno e, nelle fasce più delicate, due operatori. Quando necessario, accompagnano i pazienti anche all’esterno per attività riabilitative, sempre in stretta collaborazione con l’équipe sanitaria. La loro azione è guidata da procedure precise che definiscono ogni aspetto della gestione delle situazioni critiche: dall’agitazione psicomotoria agli atti auto- o etero-aggressivi, fino all’eventuale coinvolgimento delle forze dell’ordine nei casi più gravi.

In questo modo, gli OPSI si configurano come un ponte tra prevenzione, sicurezza e cura: una figura che altre regioni stanno osservando con interesse come modello da replicare.

 

La REMS Anton Martin di San Maurizio Canavese

La REMS “Anton Martin”, inaugurata il 15 novembre 2016, dispone di 20 posti ed è inserita all’interno del Presidio Beata Vergine della Consolata dei Fatebenefratelli. Fin dall’origine è stata concepita come parte integrante di un polo psichiatrico forense, in sinergia con la Comunità Psichiatrica Forense “San Giovanni di Dio”, dedicata ai pazienti in libertà vigilata o in Licenza Finale di Esperimento (LFE).

I numeri testimoniano un’attività significativa: in otto anni si sono registrati decine di ricoveri, con un’età media dei pazienti di 41 anni. Le diagnosi più frequenti riguardano disturbi psicotici e disturbi di personalità. Le provenienze sono eterogenee — carcere, SPDC, comunità — a conferma della funzione di raccordo della struttura. La durata media della degenza si attesta intorno ai 600 giorni, variabile in base sia alla gravità del reato sia alla disponibilità di percorsi alternativi sul territorio.

 

Vita quotidiana e riabilitazione

La quotidianità in REMS non si riduce alla somministrazione di terapie farmacologiche, ma diventa un laboratorio di umanizzazione. Colloqui individuali e di gruppo, arteterapia, teatro, cucina ed educazione alimentare, attività sportive e laboratori artigianali: sono strumenti che danno forma a un percorso di recupero che rimette al centro la persona. Come racconta Jaretti, «mettere la persona al centro significa puntare al recupero. Anche quando le storie non si concludono come speriamo, resta l’orizzonte della dignità e dell’autonomia».

Le storie che emergono da San Maurizio hanno il volto concreto di chi ha trovato nuove strade. Un giovane, dopo uno scompenso psicotico e un fatto grave, ha frequentato un anno di scuola di cucina, poi un tirocinio, e oggi lavora stabilmente nelle cucine della struttura. Un ex paziente ha scelto di tornare come volontario nel laboratorio di falegnameria, segno di un reinserimento reale e di una fiducia ritrovata. Una donna, avviata alla ristorazione, ha visto il proprio cammino interrompersi per una malattia oncologica: anche nei percorsi incompiuti, l’orizzonte resta quello della dignità.

Le attività artistiche hanno un posto speciale. Nel 2024, a Villa Casalegno di Pianezza, è stata inaugurata una mostra con le opere degli ospiti della REMS, affiancate al reportage fotografico sugli ex OPG. Un dialogo tra passato e presente che ha dato voce a chi, attraverso pennelli e colori, ha trovato un canale di espressione e di rinascita. «Le riforme hanno senso solo se vengono applicate con impegno, e l’impegno arriva dalle persone» ha detto Jaretti all’inaugurazione. «A me piace parlare delle persone: i pazienti possono essere difficili, complessi, impegnativi. Ma noi, passate il termine, gli vogliamo bene».

Un approccio che si traduce in un sistema integrato, come ha sottolineato anche Dante Viotti, direttore del Presidio: un circolo virtuoso che dalla REMS si apre a comunità e strutture di secondo e terzo livello, accompagnando i pazienti gradualmente verso una nuova normalità sociale.

 

Al 31 dicembre 2024 risultavano attive 31 REMS in Italia, con 606 pazienti presenti (dato SMOP). Nel 2025 diverse fonti di settore e di stampa indicano 32 REMS operative. La capienza complessiva è nell’ordine di ~700 posti a livello nazionale; persistono “corpose” liste d’attesa in più regioni.

In Piemonte, il modello di San Maurizio mostra la via: un polo forense integrato, percorsi graduali di reinserimento, attività riabilitative vive e concrete. In questo approccio si riflette lo stile dei Fatebenefratelli: accogliere, ascoltare, accompagnare, affidare. Quattro verbi che diventano metodo quotidiano e che trasformano anche i contesti più complessi in luoghi di umanizzazione. Perché ogni persona è più della sua malattia e merita un futuro possibile.

 

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