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Giornata Mondiale della Salute Mentale: trasformare la consapevolezza in azione | Seconda sessione

Scritto da Fatebenefratelli | 27 ottobre 2025

Nel pomeriggio del 23 ottobre, al Centro Paolo VI di Brescia, il Convegno organizzato dal nostro IRCCS per la Giornata Mondiale della Salute Mentale è proseguito con un confronto tra ricerca, clinica e organizzazione dei servizi (clicca qui per leggere l'articolo relativo alla prima sessione).

La sessione è stata moderata dal dottor Giovanni Battista Tura, Dirigente Responsabile della Struttura Complessa di Psichiatria dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, e dal dottor Gian Marco Giobbio, Psichiatra e Direttore Medico del Centro Sacro Cuore di San Colombano al Lambro e del Centro Sant’Ambrogio di Cernusco sul Naviglio, la sessione ha dato voce a professionisti provenienti da contesti diversi, uniti dall’obiettivo di tradurre le evidenze scientifiche in modelli di prevenzione e cura più efficaci.

Continua a leggere per saperne di più.

 

Salute mentale e giustizia: il difficile equilibrio tra sicurezza e diritto alla cura

Il dottor Giuseppe Nicolò, Psichiatra e Psicoterapeuta, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze Patologiche dell’ASL Roma 5 e del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura di Colleferro, ha offerto una visione lucida e concreta della complessità del rapporto tra salute mentale e giustizia, in cui si intrecciano esigenze di cura e tutela della collettività.

Ha illustrato i quattro ambiti di intervento dello psichiatra forense — capacità processuale, imputabilità, pericolosità e compatibilità con il regime detentivo — sottolineando che «la diagnosi non causa di per un reato, ma ne può influenzare le dinamiche solo se incide direttamente sul comportamento».

Ha quindi richiamato le criticità delle REMS, dove la carenza di posti letto genera lunghe liste d’attesa e tensioni operative tra sanità e magistratura. Nelle carceri, ha aggiunto, il rischio suicidario resta elevato, soprattutto nei primi giorni di detenzione, richiedendo protocolli di presa in carico tempestiva e formazione del personale.

L’intervento si è chiuso con un appello a investire nella prevenzione precoce dei disturbi del neurosviluppo, come l’ADHD, per ridurre marginalità e recidiva nel lungo periodo.

 

Cognizione, rischio e trattamento: la psichiatria dell’evidenza

Il professor Antonio Vita, Professore Ordinario di Psichiatria e Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Brescia, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASST Spedali Civili, ha guidato i presenti attraverso le nuove conoscenze sul legame tra funzioni cognitive e rischio comportamentale nelle psicosi.

Basandosi su ampi studi multicentrici, ha spiegato come deficit di attenzione, memoria di lavoro e cognizione sociale possano precedere o accompagnare i sintomi psicotici e rappresentare un importante indicatore prognostico.

I pazienti con peggiori performance cognitive e minore consapevolezza di malattia presentano una maggiore probabilità di comportamenti aggressivi, specialmente in presenza di uso di sostanze.

Tra le strategie terapeutiche, Vita ha evidenziato il ruolo combinato di antipsicotici di seconda generazione, riabilitazione cognitiva e attività fisica regolare, che mostra benefici misurabili anche sulle funzioni esecutive.

Ha poi presentato il progetto FAMI, che coinvolge il suo Dipartimento nella presa in carico dei migranti con vulnerabilità psichica, un modello di integrazione tra servizi territoriali e cultura della salute globale.

 

Perinatalità e salute mentale: prendersi cura della madre per proteggere il bambino

La dottoressa Roberta Anniverno, Psichiatra e Responsabile del Centro Psiche Donna – Ambulatorio Psichiatrico dell’Ospedale Macedonio Melloni (ASST Fatebenefratelli-Sacco) di Milano, ha portato l’attenzione sulla salute mentale perinatale, sottolineando l’importanza di una presa in carico tempestiva e multidisciplinare.

Ha ricordato come la depressione in gravidanza e nel post-partum sia una condizione diffusa ma ancora poco diagnosticata, con effetti significativi sul benessere di madre e bambino.

Nel suo intervento ha illustrato il modello del Centro Psiche Donna, fondato sulla collaborazione tra psichiatri, psicologi, ginecologi e ostetriche, e orientato a garantire continuità assistenziale tra ospedale, territorio e famiglia.

«Sospendere un trattamento farmacologico per paura può essere più rischioso che proseguirlo sotto controllo medico», ha ricordato Anniverno, ribadendo la necessità di una comunicazione chiara e basata sulle evidenze scientifiche.

 

Stress, attaccamento e supporto psicologico nei reparti di patologia della gravidanza 

La dottoressa Roberta De Filippis, Psicologa e Psicoterapeuta del Centro Psiche Donna – Ospedale Macedonio Melloni di Milano, ha raccontato un’esperienza clinica nei reparti di patologia della gravidanza, dove le complicanze mediche si intrecciano con fragilità emotive profonde.

Attraverso incontri di gruppo condotti direttamente in reparto, le donne vengono accompagnate in un percorso di condivisione, gestione dell’ansia e riconoscimento delle emozioni. «Il gruppo consente di normalizzare vissuti complessi come paura, colpa e ambivalenza», ha spiegato, «e crea uno spazio di cura anche nei contesti più medicalizzati».

L’intervento, realizzato in collaborazione con il personale sanitario, ha mostrato effetti positivi sui livelli di ansia percepita e sul legame madre-bambino, contribuendo a migliorare il clima relazionale del reparto.

 

Depressione perinatale: una sfida clinica e biologica

La professoressa Annamaria Cattaneo, Vicedirettrice Scientifica dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli e Responsabile del Laboratorio di Psichiatria Biologica, Professore associato all’Università degli Studi di Milano, ha riportato la depressione perinatale su un piano di realtà: interessa circa il 27% delle donne in gravidanza o nel postpartum, ma resta non diagnosticata nel 60–70% dei casi.

I fattori di rischio più ricorrenti sono la storia di ansia o depressione, gli eventi traumatici precoci, la carenza di supporto sociale e gli eventi stressanti.

La patologia incide sulla salute della madre e del bambino, aumentando il rischio di diabete gestazionale, preeclampsia, basso peso alla nascita e parto pretermine. Gli studi mostrano nei figli esposti un’amigdala più reattiva e difficoltà nella regolazione emotiva. A livello biologico, si riscontrano iperattivazione dell’asse HPA, livelli elevati di cortisolo, incremento di citochine infiammatorie (TNF-α, IL-6) e alterazioni ormonali, in particolare degli estrogeni.

Dai progetti PRAM e PRESENT emergono dati che vanno oltre la clinica. Nelle madri depresse si osservano marcatori infiammatori aumentati e nei neonati differenze comportamentali già nei primi giorni di vita; alcuni di questi bambini, seguiti fino all’adolescenza, mostrano profili infiammatori persistenti.

Nel campione PRESENT, una donna su tre rientra nella categoria “a rischio”, con gradienti crescenti di stress, ansia e vulnerabilità biologica.

Cattaneo ha concluso invitando a integrare percorsi psichiatrici e ostetrici, introdurre screening sistematici e avviare interventi precoci per le donne a rischio: «Ignorare la salute mentale perinatale», ha ricordato citando l’OMS, «significa mettere a rischio due vite: quella della madre e quella del bambino».

 

Salute mentale dei giovani: dati, sfide e prospettive di intervento

La dottoressa Roberta Rossi, Responsabile della Linea e dell’Unità di Ricerca in Psichiatria dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, ha richiamato l’urgenza di anticipare l’attenzione alla salute mentale dei giovani: quasi tutti i disturbi mentali esordiscono tra i 16 e i 25 anni, ma i servizi riescono a intercettarne pochi.

Solo l’8% dei pazienti dei Dipartimenti di Salute Mentale appartiene a questa fascia d’età. La conseguenza è duplice: ritardi diagnostici e maggior rischio di esclusione scolastica e lavorativa. Rossi ha sottolineato che un diciottenne “non ha le stesse esigenze di un adulto” e richiede un’intensità di cura diversa, capace di integrarsi con scuola e contesto sociale.

Affrontando il tema della prevenzione del suicidio, ha ricordato che parlarne in modo informato riduce stigma e rischio. La terapia dialettico-comportamentale (DBT) si conferma il modello più efficace per ridurre comportamenti suicidari e autolesivi, accanto a interventi cognitivo-comportamentali e di mentalizzazione.

In un campione di 18.000 studenti, l’uso dello smartphone prima di dormire si è rivelato associato a scarsa qualità del sonno e maggiore autolesionismo. Dalla survey su 7.000 studenti bresciani, il 43% mostra sintomi depressivi significativi, il 28% ha compiuto gesti autolesivi nell’ultimo mese e il 42% riferisce binge drinking recente. Solitudine e relazioni familiari fragili risultano i fattori più legati al disagio.

Rossi ha illustrato un programma di educazione emotiva nelle scuole ispirato alla DBT: quattro incontri di gruppo da due ore su consapevolezza, accettazione e gestione delle emozioni, che hanno mostrato miglioramenti nella regolazione emotiva.

Ha concluso sottolineando la necessità di servizi più accessibili e flessibili, capaci di coinvolgere scuola, famiglie e nuove tecnologie, ricordando che «prevenzione significa creare fiducia, e la fiducia nasce solo dove ci si sente accolti».

 

Nel ringraziare i relatori, il dottor Giovanni Battista Tura e il dottor Gian Marco Giobbio hanno sottolineato come la giornata sia stata un vero laboratorio di idee, capace di connettere la ricerca con la pratica clinica e di orientare il futuro dei servizi verso una cura sempre più centrata sulla persona.

A chiudere i lavori, la professoressa Annamaria Cattaneo ha premiato i giovani ricercatori che hanno vinto la “Call for Abstract”, riconoscimento al talento e alla passione delle nuove generazioni.

Un gesto simbolico, che ha ricordato il filo conduttore dell’intera giornata: la scienza non basta a spiegare la fragilità umana, ma può diventare cura quando si traduce in ascolto, relazione e responsabilità condivisa.

 

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