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Disturbo Borderline di Personalità: percorsi di cura innovativi per i giovani nei Dipartimenti di Salute Mentale

Il Disturbo Borderline di Personalità (DBP) è una delle condizioni psichiatriche più impegnative per i servizi di salute mentale. La sua complessità clinica, la difficoltà diagnostica e l’impatto emotivo e sociale che produce sulla persona e sull’ambiente familiare lo rendono un disturbo ad alta priorità clinica, soprattutto quando si manifesta in età giovanile.

L’esordio, infatti, avviene frequentemente tra i 15 e i 25 anni, una fase della vita in cui si costruiscono identità, relazioni, autonomia. Ma è proprio in questo snodo delicato che i servizi spesso faticano a intercettare i giovani.

A oggi, solo il 5% degli utenti dei Dipartimenti di Salute Mentale e delle Dipendenze (DSMD) rientra nella fascia 18–25 anni, nonostante sia quella più a rischio per l’insorgenza dei disturbi psichiatrici. Per rispondere a questo bisogno non ancora soddisfatto, l’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia, in collaborazione con la Joint Action europea ImpleMENTAL, ha avviato un progetto innovativo che punta a armonizzare e potenziare i percorsi di diagnosi e cura del DBP nei DSMD della Lombardia, con un focus specifico sulla fascia 18–30 anni.

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Disturbo Borderline: un problema diffuso e spesso sottovalutato

I numeri, come spesso accade, aiutano a rendere visibile ciò che resta sottotraccia.

Secondo il Rapporto Salute Mentale del Ministero della Salute, l’8% dei pazienti in carico ai DSM ha una diagnosi primaria di disturbo di personalità. Nelle doppie diagnosi – quelle in cui si associa anche un disturbo da uso di sostanze – la quota sale al 40%, e la maggior parte dei casi è riconducibile al DBP.

La disregolazione emotiva, i comportamenti impulsivi o autolesivi, linstabilità relazionale e la fragilità identitaria rendono il DBP una delle condizioni più invalidanti, con un’elevata incidenza di ricoveri, interventi d’urgenza, abbandoni terapeutici e disoccupazione. Eppure, le risposte cliniche offerte sono spesso frammentarie, incoerenti con le linee guida internazionali e non adattate alle esigenze specifiche dei giovani.

 

Un modello innovativo: dalla frammentazione all’armonizzazione

Il progetto, realizzato grazie a un’esperienza pluriennale e a una rete consolidata di collaborazioni scientifiche, ha proposto una struttura modulare a due livelli secondo il modello dello stepped care, che distingue:

1) Livello base: intervento generalista - Good Psychiatric Management (GPM)

Sviluppato dallo psichiatra John Gunderson, il GPM è un approccio “generalista” ma evidence-based, adatto a contesti clinici ordinari. La sua forza è nella replicabilità e nella semplicità operativa, pur restando rigoroso dal punto di vista scientifico.

Gli elementi fondamentali sono:

  • Psicoeducazione sulla diagnosi e sui sintomi, finalizzata a ridurre l’alienazione del paziente e il senso di colpa dei familiari;
  • gestione del rischio autolesivo, con piani di sicurezza condivisi e strategie per sviluppare autoconsapevolezza;
  • farmacoterapia mirata, solo quando necessario e secondo algoritmi basati sulle principali meta-analisi;
  • trattamenti di gruppo, come DBT skills training o gruppi motivazionali;
  • coinvolgimento dei familiari, attraverso programmi specifici;
  • attenzione al funzionamento sociale, promuovendo il reinserimento in attività quotidiane, lavoro o studio.

2) Livello avanzato: trattamenti specialistici e per casi complessi

Per i pazienti con bisogni più articolati, il progetto prevede:

  • Diagnosi strutturata con SCID-5-PD, l’intervista clinica gold standard secondo i criteri DSM-5; 
  • Strumenti di screening rapidi e gratuiti come:

    • BSL-23 (questionario per sintomi borderline),
    • ZAN-BPD (intervista breve per la gravità dimensionale),
    • C-SSRS (scala per il rischio suicidario).

A livello terapeutico sono previsti:

  • DBT – Dialectical Behavior Therapy, trattamento specialistico centrato sulla regolazione emotiva e la prevenzione dei comportamenti suicidari;

  • DBT Skills Training, un modulo di gruppo articolato in 4 aree (mindfulness, tolleranza della sofferenza, regolazione emotiva, efficacia interpersonale);

  • Family Connections, un programma evidence-based rivolto ai caregiver, utile a migliorare la comunicazione, ridurre il carico emotivo e favorire l’alleanza terapeutica.

 

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Formazione mirata per i professionisti dei DSMD

Uno degli obiettivi principali del progetto è formare gli operatori che lavorano nei DSMD lombardi. Tra il 2023 e il 2024, sono stati coinvolti:

  • 23 ASST della Lombardia;
  • 298 partecipanti tra medici, psicologi, infermieri, tecnici della riabilitazione ed educatori;
  • 156 ore di formazione totali, distribuite in moduli dedicati alla valutazione diagnostica, alla farmacoterapia evidence-based, al GPM, al DBT Skills e al Family Connections.

Le formazioni hanno incluso role-playing, esercitazioni pratiche, supervisione clinica e intervisione periodica, per garantire che gli interventi vengano poi applicati in modo coerente, efficace e duraturo.

 

Perché trattare il DBP nella giovinezza è cruciale?

Intervenire tra i 18 e i 30 anni significa agire in una finestra di plasticità evolutiva, quando la struttura del sé non è ancora consolidata e i danni secondari del disturbo (drop-out scolastico, perdita di lavoro, isolamento sociale) possono ancora essere prevenuti.

È stato dimostrato che trattamenti precoci e strutturati possono:

  • ridurre drasticamente i tentativi di suicidio,
  • aumentare la stabilità affettiva e relazionale,
  • migliorare l’autonomia e la qualità di vita a lungo termine.

Coinvolgere la famiglia, potenziare la rete

I caregiver familiari sono una risorsa chiave, ma spesso restano invisibili. Il progetto ha integrato il programma Family Connections, manualizzato e validato a livello internazionale, che si articola in 12 incontri e offre:

  • psicoeducazione,
  • tecniche di validazione emotiva,
  • strategie comunicative,
  • esercizi di problem solving.

Gli studi dimostrano che il coinvolgimento dei familiari migliora l’aderenza ai trattamenti, riduce i conflitti, e aiuta a costruire un clima relazionale più stabile e supportivo.

Il lavoro svolto dall’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia, in collaborazione con la Joint Action ImpleMENTAL, ha permesso di costruire un modello operativo che mette al centro la persona, la sua storia, le sue risorse. È un approccio scientificamente fondato, clinicamente sostenibile ed eticamente orientato alla dignità del paziente e della sua rete affettiva. Una risposta concreta per trasformare i servizi di salute mentale in luoghi accessibili, flessibili, capaci di accogliere la complessità senza perdere l’umanità.

Il Disturbo Borderline di Personalità non è una condanna. Con diagnosi tempestive, équipe formate, famiglie coinvolte e protocolli condivisi, è possibile cambiare il destino di molti giovani.
L’IRCCS Fatebenefratelli continuerà a impegnarsi per offrire cura, formazione e ricerca, con uno sguardo sempre attento al futuro delle persone e alla qualità dei servizi pubblici.

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