Affrontare una diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità (DBP) può rappresentare una sfida significativa, tanto per chi ne soffre quanto per le persone vicine. Si tratta di un disturbo caratterizzato da una marcata instabilità nelle relazioni interpersonali, nella percezione di sé e nell’umore, spesso accompagnata da comportamenti impulsivi e autolesivi.
Comprendere questa condizione e accedere a percorsi terapeutici mirati può però fare la differenza: oggi sappiamo che con un trattamento adeguato è possibile migliorare in modo significativo la qualità della vita delle persone coinvolte.
Ne abbiamo parlato con la Dr.ssa Roberta Rossi, psicologa e ricercatrice dell’Unità di Psichiatria dell’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, da anni impegnata nella ricerca e nella clinica sul DBP.
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Il disturbo borderline esordisce prevalentemente in adolescenza e colpisce tra l'1% e il 3% degli adolescenti e circa il 4% dei giovani adulti. Si tratta di un disturbo psichiatrico con un'elevata richiesta di assistenza, data la frequente necessità di ricoveri psichiatrici, visite d'urgenza e interventi terapeutici complessi. La prevalenza nella popolazione generale varia tra lo 0,4% e il 5,9%, mentre tra i pazienti in cura psichiatrica si stima che un paziente su tre presenti un DBP. Inoltre, è comune la comorbidità con disturbi come depressione, ansia, disturbi alimentari e abuso di sostanze, aggravando il quadro clinico e la prognosi.
Il disturbo borderline esordisce prevalentemente in adolescenza o nella prima età adulta. Secondo le stime, colpisce tra l’1% e il 3% degli adolescenti e fino al 4% dei giovani adulti. Nella popolazione generale la prevalenza è compresa tra 0,4% e 5,9%, ma la sua incidenza cresce notevolmente nei contesti clinici: circa un paziente psichiatrico su tre presenta una diagnosi riconducibile al DBP.
Il quadro clinico è spesso complicato dalla comorbidità con altri disturbi psichiatrici, tra cui:
Questa co-occorrenza di sintomi rende la diagnosi più difficile e la prognosi meno favorevole, a meno che non si intervenga con trattamenti strutturati e integrati.
Vuoi approfondire il tema dei Disturbi di Personalità? Leggi anche il nostro articolo Disturbi della personalità, quali sono i principali?"
Il DBP si manifesta attraverso un pattern pervasivo di instabilità che coinvolge diversi ambiti del funzionamento psichico e comportamentale. I sintomi principali possono essere suddivisi in quattro aree:
A causa della sovrapposizione di alcuni sintomi, il DBP viene talvolta confuso con il disturbo bipolare, con il rischio di ricevere diagnosi e trattamenti inappropriati.
Il disturbo borderline ha una base multifattoriale. Studi neuroscientifici suggeriscono la presenza di un’iperattivazione di alcune aree cerebrali deputate alla regolazione delle emozioni e dell’impulsività, come l’amigdala e la corteccia prefrontale. Accanto alla predisposizione biologica, giocano un ruolo decisivo:
Questi elementi contribuiscono allo sviluppo di una disregolazione emotiva stabile, che si manifesta già nella tarda infanzia e si struttura pienamente nell’adolescenza.
Secondo le principali linee guida internazionali (APA, NICE, Cochrane), la psicoterapia strutturata è l’intervento di elezione per il trattamento del DBP.
La farmacoterapia può essere utile in modo complementare, ma non rappresenta una cura in sé per il disturbo, e dovrebbe essere orientata alla riduzione di sintomi specifici come ansia o irritabilità.
Tra gli approcci terapeutici più validati troviamo:In Italia, però, i servizi psichiatrici sono spesso focalizzati sui disturbi psicotici, e non sempre strutturati per gestire in modo continuativo e mirato pazienti con disturbi di personalità. Questo comporta alti tassi di abbandono e una maggiore rotazione dei ricoveri.
L’IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli è da anni all’avanguardia nello studio e nella presa in carico del DBP.
Tra i progetti più rilevanti in corso, spicca uno studio clinico randomizzato, finanziato dal Ministero della Salute, che valuta l’efficacia della terapia metacognitiva interpersonale su un campione di 80 pazienti, analizzando anche i correlati neurobiologici della risposta al trattamento. L’approccio adottato integra psicoterapia individuale intensiva, valutazioni cliniche periodiche e neuroimaging, allo scopo di esplorare anche i meccanismi cerebrali che accompagnano il miglioramento dei sintomi.
Il nostro Istituto è inoltre centro di formazione accreditato per la disseminazione del modello Family Connections, in collaborazione con la rete NEABPD. Il programma è attivo e accessibile anche a familiari esterni al trial, e ha mostrato risultati positivi nel ridurre il carico emotivo e migliorare le dinamiche relazionali.
Sebbene il DBP sia un disturbo serio e potenzialmente invalidante, la prognosi non è infausta. Studi longitudinali mostrano che oltre il 50% dei pazienti sperimenta una remissione clinica significativa nel giro di 10 anni, soprattutto se trattati con interventi adeguati e precoci. Restano però fragilità residue sul piano emotivo e relazionale, e il rischio di ricadute può essere presente in situazioni di stress intenso. Per questo è fondamentale un approccio di lungo termine, con piani terapeutici flessibili e supporto anche nella fase post-trattamento intensivo.
Il Disturbo Borderline di Personalità non è solo una diagnosi: è una condizione complessa e sfaccettata, che richiede una presa in carico empatica, competente e scientificamente fondata.
Il nostro IRCCS Fatebenefratelli rappresenta oggi un punto di riferimento in questo ambito, grazie a un approccio che unisce cura, studio e formazione. L’obiettivo è costruire percorsi terapeutici personalizzati, sostenibili per i servizi e accessibili ai pazienti, promuovendo anche la centralità della famiglia come risorsa.
Dietro ogni diagnosi c’è una persona, e ogni percorso di cura è anche un investimento nella sua possibilità di una vita più piena, consapevole e autonoma.
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