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Essere per la vita: la parola al Superiore Locale Fra Marco Fabello

La Giornata Nazionale per la Vita, celebrata il 5 febbraio, rinnova l’adesione dei cattolici al “Vangelo della vita”, l’impegno a smascherare la “cultura della morte”, la capacità di promuovere e sostenere attività concrete a difesa della vita. Per questa occasione, abbiamo chiesto a Fra Marco Fabello, Superiore Locale dell'Ospedale San Raffaele Arcangelo di Venezia, il suo parere in merito.

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Tra i nostri valori fondanti si ha il Rispetto, che si manifesta nella dignità dell’essere umano dinanzi a Dio che consegue sia il diritto e il dovere dell’autostima e dell’amore verso se stessi sia l’amare il prossimo come noi stessi. La vita dell’essere umano è sacra e inviolabile: il nostro Ordine Ospedaliero promuove la giustizia sociale secondo il Carisma di San Giovanni di Dio.

 

Azioni e iniziative per trasmette l’annuncio della pienezza di Vita 

"Ho sempre pensato che queste Giornate annuali «per la Vita» possono risultare significative se non vengono presentate come una sfida verso chi si trova «dall’altra parte». Spesso abbiamo assistito ad una contrapposizione tra cattolici e non cattolici come se le molteplici prese di posizione verbali e degli uni e degli altri in qualche modo potessero mutare le reciproche convinzioni." inizia il Superiore.

"Io sono convinto che solo le azioni concrete che prendono le mosse dalla umanità e dalla Fede possono portare a rendere credibile l’azione della Chiesa. Anche perché oggi è difficile parlare di «cattolici» perché molti lo sono solo di nome perché di fatto si comportano in modo molto lontano dai dettami non solo della Fede ma anche dei principi etici umani." racconta Fra Marco Fabello. 

"Immagino che «essere per la vita» non ammetta eccezioni e quindi: non accettare l’aborto; non accettare le guerre; non accettare la povertà ma combatterla con tutti i mezzi che possiamo avere a disposizione; non accettare la discriminazione razziale; non permettere che il Mediterraneo continui ad essere il più grande cimitero del mondo. Agire per leggi a favore delle nascite; a favore di una buona assistenza sanitaria a qualunque età della vita; soccorrere i popoli più poveri dove la mortalità infantile è ancora vergognosamente una grande causa di morte, favorire l’inculturazione."

"Oggi tuttavia abbiamo un nemico in più da combattere e consiste nel fatto che sono pochi i cristiani «davvero credenti e praticanti» per i quali la Fede potrebbe avere una forte influenza avvicinandosi il tempo e il momento degli ultimi giorni di vita." aggiunge.

"Alcuni affermano che morire è la conclusione di ogni cosa e quindi non hanno speranza in un domani che continuerà. Ma per i cristiani che vivono un po’ di fede morire avrà anche il segno della Speranza in un domani migliore e la morte potrà fare meno paura." spiega Fra Marco Fabello.

"Quindi l’allontanamento dalla fede impedirà a molti di non avvalersi della grazia del Signore che nei momenti più difficili e delicati della vita non manca mai anche se il Signore non fa mancare ad alcuno il suo aiuto. E anche in questa circostanza ricordiamoci che «la fede senza le opere è morta»; o anche: «Vi riconosceranno dalle vostre opere»!".

 

Fede e progressi scientifici: la Vita come elemento trainante

Desta preoccupazione il constatare come ai grandi progressi della scienza e della tecnica, potenzialmente abilitanti la manipolazione e distinzione della vita in modo sempre più rapido e massivo, non corrisponda un’adeguata riflessione sul mistero del nascere e del morire di cui non siamo evidentemente padroni. Che riflessione le scaturisce questo pensiero?

"Il progredire della scienza e della tecnica ha sempre rappresentato una grande opportunità ma anche un grande problema, a seconda dell’uso che se ne fa delle nuove conoscenze." introduce Fra Marco.

"Non possiamo non pensare come le grandi scoperte, le imprese spaziali, abbiano portato ad inventare la bomba atomica con le relative conseguenze, l’ammodernamento degli eserciti con costi ingentissimi che se utilizzati diversamente potrebbero sanare quasi tutte le povertà del mondo. Così stiamo sperimentando dove ci sta portando la sperimentazione genetica, la scoperta della pillola del giorno prima o del giorno dopo, la ormai diffusione della pratica dell’utero in affitto che crea una catena di altri problemi a livello umano, morale e religioso e che in alcuni casi sono anche causa di ulteriori divisioni tra le religioni." continua il Superiore.

"In molti casi, ormai, la nascita è vista come un fatto tecnico e certamente non sono molti coloro che vedono in questo meraviglioso evento il segno che Dio ci ama, o alla meno peggio, un fatto umano che dà gioia ma non di rado è visto anche come problema. Quando assistiamo al desiderio di una donna di voler un figlio più come «spettacolo», quasi giocattolo da presentare agli amici o alla società, piuttosto che come il dono di una persona da subito con diritti da rispettare." conclude.

 

La dignità umana e cristiana nella Sanità

Quando si finisce il termine dell’esistenza terrena, la dignità della persona umana si precisa come il diritto a morire con la maggiore serenità possibile e con dignità umana e cristiana che gli è dovuta. L’obbligo morale di escludere l’accanimento terapeutico ha come controparte l'uso dell’eutanasia. Qual è l'opinione di un Religioso?

"Il nascere come il morire rappresentano il termine temporale di ognuno di noi. Ma il nascere non è un fatto legato solo al parto, come il morire non è relativo agli ultimi istanti di vita. Nella nascita c’è un’attesa e un accompagnamento di nove mesi, nel morire in linea di principio ci può essere un accompagnamento o un’attesa di anni o di mesi o di giorni. Nulla capita all’improvviso. E se in linea di principio la nascita può essere accolta con gioia, e non sempre, la morte viene spesso accolta con sofferenza, con dolore ma non sono rari i casi per i quali la morte rappresenta una liberazione per chi sta attorno al morente. Ma anche per il morente la morte può essere accolta come una liberazione dalla sofferenza o anche come il tempo di non far soffrire ulteriormente i propri cari." spiega il Priore.

"Ma il morire è un grande momento: accompagnare il morente con umanità, serenità, con amore e possibilmente con competenza faranno della stessa morte un'esperienza di vita positiva anche per coloro che condividono gli ultimi tempi delle persone amate." sottolinea.

"Molto dipende se la morte sarà una esperienza solo di sofferenza o anche di amore sofferto. Non possiamo dire oggi che ci siano molti luoghi in cui le persone muoiono serenamente e tra questi luoghi i meno favorevoli sono gli ospedali, spesso le RSA o le Case di Riposo. Il luogo migliore anche per morire sarebbe la propria casa, ma sappiamo quanto sia difficile che ciò avvenga." conclude Fra Marco.

 

Il ruolo e il servizio degli hospice cristiani per la Vita degli anziani

"Da un trentina d’anni sono venuti avanti gli hospice copiando quanto avveniva in Inghilterra da tempo. Sono certamente luoghi nei quali medici e personale di assistenza dovrebbero essere capaci di creare un clima favorevole perché una persona si avvicini al momento del morire con un accompagnamento positivo dove trovano posto anche gli assistenti spirituali perché molto spesso al termine di una vita molti ricercano ciò che avevano dimenticato e quel briciolo di Fede rimasto è capace di portare più serenità d’animo e di spirito dove, non di rado, anche i parenti presenti o vicini possono essere chiamati a qualche riflessione positiva." racconta il Priore.

"Ma proprio con le persone ricoverate negli hospice si possono rincorrere due nemici: l’accanimento terapeutico e l’eutanasia. Ma se l’eutanasia ha una sua chiara delimitazione, questo non avviene con l’accanimento terapeutico per alcune ragioni il più delle volte comprensibili." spiega.

"Infatti i medici giurano per aiutare i malati a guarire e ogni volta che non ci riescono spesso loro vivono questo fatto come una sconfitta. Alcune volte sono anche i familiari che spingono i medici a fare «l’impossibile». Altre volte può essere anche la non impeccabile formazione del medico a portare ad alcuni eccessi di cura anche per il timore di ricadere, seppure involontariamente, in una forma di eutanasia."

"Naturalmente gli hospice ad indirizzo cristiano devono cercare di evitare questi due atteggiamenti perché è dimostrato abbastanza chiaramente che se i malati terminali (che brutto termine!) sono accompagnati con umanità, fraternità, dolcezza e amore non richiedono di morire anzitempo, ma il medico dovrà valutare molto bene, soprattutto ad un certo punto di non ritorno, se è logico che una persona debba essere tenuta in vita ad ogni costo anche sapendo che oggi vi sono delle tecniche che permettono di «vivere» per giorni in modo «artificiale»."

"Allora posso concludere con le parole del Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente cella CEI: «La Giornata per la Vita rinnovi l’adesione dei cattolici al Vangelo della Vita, l’impegno a smascherare la Cultura della morte, la capacità di sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse. Rinvigorisca una carità che sappia farsi preghiera e azione…»”.

 

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