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Ospitalità e accoglienza per combattere la violenza di genere

25 novembre 2022

L’Ospedale Sacra Famiglia di Erba è, da anni, punto di riferimento e parte attiva della rete provinciale antiviolenza ed è stato classificato come Ente Capofila del Comune di Como. Partecipa alacremente ai tavoli istituzionali di stesura delle linee guida per la presa in carico delle donne vittime di violenza, ponendo attenzione al capitolo delle procedure ospedaliere.

Capiamo meglio con l’Assistente Sociale, Dottoressa Francesca Agostani, e la Direttrice dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia, Dottoressa Nicoletta Iedà, l’importanza di accogliere in maniera adeguata una donna vittima di violenza e il percorso dedicato in Ospedale.

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L'accoglienza come chiave per sconfiggere la violenza

Fondamentale è legittimare la sofferenza della donna permettendole di dare voce al dolore, alla rabbia, all’umiliazione e a tutto il ventaglio di sentimenti che può provare. È, inoltre, importante far capire alla donna che, nella Struttura Ospedaliera, ci sono Persone che possono e vogliono aiutarla e di cui si può fidare.

"Dall’altra parte, per gli operatori sanitari non è semplice accogliere una donna vittima di violenza di genere perché richiede di fermarsi, di assumere una posizione di ascolto, di non giudicare la donna, di assumere un atteggiamento empatico, di rispettare i tempi e le scelte della donna" spiega la Dottoressa Francesca Agostani.

Il primo accesso della donna in ospedale è rappresentato dal Pronto Soccorso - generale, pediatrico e ostetrico/ginecologico. Viene assegnato un codice azzurro, che indica un'urgenza differibile con 60 minuti massimo di attesa, oppure arancione che indica urgenza indifferibile con 15 minuti massimo di attesa, per garantire legittimità alla problematica e la visita in tempi brevi.

"Accogliere una donna vittima di violenza in Pronto Soccorso richiede attenzione e sensibilità, per favorire in tutti i modi l’ascolto con tutti i limiti fisici/strutturali e di carico di lavoro. Gli operatori devono, inoltre, strutturare un approccio ed un percorso di fiducia per far percepire alla donna che attorno a lei esiste una rete di servizi territoriali in grado di supportarla; devono avviare un’analisi dei bisogni e delle aspettative della donna che chiede aiuto e valutare lo stato di rischio in cui la donna si trova" afferma la Dottoressa Agostani.

 

La presa in carico di una donna che ha subito violenza

Oltre agli operatori sanitari ed ai medici che prendono in cura la vittima è possibile, esprimendo il consenso, richiedere l’intervento ed il supporto dell’assistente sociale.

Per il colloquio medico viene utilizzato uno strumento predisposto dal tavolo istituzionale provinciale, cioè una scheda di rilevazione della violenza. Questa permette di valutare l’entità del rischio in cui si trova la donna e raccogliere informazioni più complete possibili per rilevare la presenza di lesioni fisiche e traumi psicologici.

È fondamentale identificare l’autore della violenza, così da poter schedare l’aggressore, verificare se sono state effettuate altre segnalazioni dello stesso e monitorare eventuali altri accessi della vittima nel medesimo pronto soccorso oppure in altri.

Se la prognosi è superiore a 21 giorni, gli operatori del Pronto Soccorso devono trasmettere la scheda di rilevazione della violenza e il verbale di Pronto Soccorso all’autorità giudiziaria competente, indipendentemente dalla volontà della donna.

Se, invece, la prognosi è inferiore ai 20 giorni, la scheda di rilevazione della violenza ed il verbale potranno essere inviati all’autorità giudiziaria solo con il consenso della donna.

Se dal colloquio medico e/o dell’assistente sociale emerge un rischio elevato dal punto di vista della sicurezza personale della donna (la quale è impossibilitata a rientrare al domicilio), in collaborazione con le Forze dell’Ordine, si vaglia la possibilità di accogliere la vittima temporaneamente in reparto di pertinenza. Ad esempio: pediatria, se ha figli minori; ginecologia, se non ha figli.

Un’altra opzione è quella di prendere contatti con la struttura di pronto intervento provinciale avvisando il servizio sociale territoriale e stabilire la donna in centri antiviolenza territoriali (Telefono Donna Como – 031/304585).

Se la donna, invece, non si trova in una situazione di rischio immediato si dimette con rientro al domicilio, proponendo il contatto con il centro antiviolenza oppure con il servizio sociale ospedaliero per un colloquio in regime ambulatoriale.

 

I dati di settore: la violenza tra il 2021 e il 2022

Nell’anno 2021, presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Sacra Famiglia di Erba, sono passate dal triage 42 donne che hanno dichiarato di aver subito violenza di genere e per le quali gli Operatori sanitari hanno applicato le linee guida ospedaliere per l’accoglienza delle donne vittime di violenza.

Di queste 42 donne, 15 sono state accolte nei Reparti Ostetrico Ginecologi e di Pediatria al fine di poter poi lavorare con la rete territoriale e costruire dei progetti personalizzati di tutela. Di queste 15, 13 hanno accettato un progetto condiviso di messa in protezione grazie alla collaborazione tra servizio sociale ospedaliero, forze dell’ordine, servizi sociali comunali e pronto intervento comunitario.

Da gennaio a novembre 2022 abbiamo accolto in Pronto Soccorso 34 donne che hanno dichiarato di aver subito violenza di genere, di cui 12 hanno proseguito il ricovero nei Reparti di Ginecologia-Ostetricia o di Pediatria. Di queste 12 donne, 7 hanno poi scelto il collocamento in protezione presso la rete dei servizi.

"I numeri rilevati nel nostro Ospedale e condivisi a livello provinciale e regionale, ci dicono che il fenomeno della violenza di genere esiste ma può essere contrastato; lo strumento più efficace e utile è il lavoro di rete" spiega la Dottoressa.

 

Un dolore non solo fisico

Circa il 95% dei soggetti che arrivano in ospedale per un episodio di violenza domestica è una donna.

"Le conseguenze clinicamente evidenti all’osservazione delle nostre Pazienti sono lesioni fisiche, come traumi al volto, agli arti superiori legati a torsioni o fratture da traumi diretti, ecchimosi su tutto il corpo" racconta la Dottoressa Nicoletta Iedà.

Non bisogna dimenticare però che oltre alla violenza fisica o sessuale le donne con un partner subiscono anche violenza psicologica ed economica, cioè comportamenti di umiliazione, svalorizzazione, controllo ed intimidazione, nonché di privazione o limitazione nell’accesso alle proprie disponibilità economiche o della famiglia.



Il ruolo dell'Ospedale: tra Ospitalità e supporto

"Il ruolo dell'ospedale è innanzitutto quello di accoglienza, valutazione delle lesioni subite, denuncia all’autorità giudiziaria, accompagnamento nell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia che si occupa dell’accudimento nelle prime 24 ore in attesa che l’Assistente Sociale trovi una collocazione protetta per la donna, sempre che non abbia la necessità di rimanere in ospedale per la gravità delle lesioni" spiega la Dottoressa Iedà.

L’Ospedale, attraverso l’assistente sociale presente in ospedale, studia dei percorsi “protetti” per la donna vittima di violenza e gli eventuali figli minori, che prevedano la tutela delle vittime al di fuori di un contesto di ospedalizzazione che deve rimanere solo temporaneo, attraverso la collocazione delle vittime in case di accoglienza o valutando la possibilità di un passaggio temporaneo presso parenti o amici.

"L’Ospedale è un ottimo osservatorio e “quartier generale” per l’accoglienza e la gestione di donne vittime di violenza. Il Pronto Soccorso, infatti, è il posto fisico dove le donne si rifugiano e vengono accudite. Ma per poter offrire protezione è necessaria la collaborazione ed il dialogo costante con le Forze dell’Ordine, il Pronto intervento Provinciale ed il centro antiviolenza. Solo in questo modo è possibile offrire e costruire con le donne un progetto di via di uscita dal fenomeno e di rinascita" conclude la Dottoressa Agostani.

 

I Bollini Rosa: simbolo di vicinanza femminile

I Bollini Rosa sono il riconoscimento che Onda attribuisce dal 2007 agli ospedali italiani ‘vicini alle donne’, ossia quelle strutture che offrono servizi dedicati alla prevenzione, diagnosi e cura delle principali patologie femminili, riservando particolare attenzione alle specifiche esigenze dell’utenza rosa.

All’Ospedale Sacra Famiglia di Erba sono stati riconosciuti due Bollini Rosa non solo per la modalità di approccio “sensibile e donna-centrico” alle patologie organiche che possono interessare le donne, che vanno dalle patologie ginecologiche ed oncologiche, a quelle endocrinologiche, ma anche per una serie di altri servizi altrettanto importanti, come il percorso codificato per l’assistenza della Paziente (e dei figli minori) vittima di violenza di genere, oltre che l’offerta di figure professionali dedicate come l’assistente sociale, il mediatore culturale, la psicologa.

 

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