Il disturbo borderline di personalità è una delle condizioni psicopatologiche più comuni e al contempo più complesse da diagnosticare e trattare. Con il contributo della Dott.ssa Roberta Rossi, medico e ricercatrice presso l’IRCCS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, esploriamo le caratteristiche di questo disturbo, le sfide legate alla diagnosi precoce e le migliori strategie terapeutiche oggi disponibili.
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Il disturbo borderline di personalità (DBP) è una condizione psichiatrica complessa, caratterizzata da instabilità emotiva, relazionale e comportamentale. “Il disturbo borderline di personalità si caratterizza per una marcata disregolazione emotiva, cioè una difficoltà nel modulare emozioni e comportamenti”, spiega la Dott.ssa Rossi. Questa disfunzione ha effetti significativi sulle relazioni interpersonali, spesso compromettendole.
Le caratteristiche principali includono:
Tra le cause principali del disturbo si riconosce una combinazione di fattori biologici, genetici, ambientali e familiari.
Nonostante i progressi della ricerca, il disturbo borderline è spesso diagnosticato tardivamente. Secondo la Dott.ssa Rossi, una delle convinzioni errate più diffuse è che non si possa formulare una diagnosi prima dei 18 anni. Questo pregiudizio deriva dall’idea che la personalità non sia ancora completamente formata in età adolescenziale e dalla tendenza a considerare alcuni tratti borderline come “normali” nella fase di crescita.
In realtà, studi recenti dimostrano che è possibile individuare segnali chiari già intorno ai 12-13 anni. “L’adolescenza è un periodo cruciale per l’insorgenza di molti disturbi mentali, inclusi quelli di personalità”, sottolinea la Dott.ssa Rossi. Una diagnosi precoce, lungi dal rappresentare un’etichetta, diventa un passo indispensabile per avviare trattamenti tempestivi e mirati.
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Le linee guida internazionali concordano: la psicoterapia è il trattamento più efficace per il disturbo borderline. “Tra le metodologie più studiate ci sono la terapia dialettico-comportamentale (DBT) e la terapia focalizzata sul transfert (TFP), che hanno dimostrato di migliorare vari aspetti del disturbo”, spiega la Dott.ssa Rossi. Tuttavia, nella pratica clinica si osserva ancora un uso eccessivo della farmacoterapia, spesso con prescrizioni multiple non sempre giustificate dalla gravita del disturbo.
“La psicoterapia non è solo efficace dal punto di vista clinico, ma ha anche un impatto documentato sul cervello”, afferma la Dott.ssa Rossi. Gli studi condotti presso l’IRCCS San Giovanni di Dio dimostrano che i pazienti in psicoterapia presentano una rimodulazione delle anomalie cerebrali strutturali e funzionali associate al disturbo borderline. Questo dato conferma il valore terapeutico della psicoterapia non solo nella gestione dei sintomi, ma anche nel promuovere cambiamenti neurobiologici.
La gestione del disturbo borderline coinvolge inevitabilmente anche i familiari. “L’elevata emotività dei pazienti può rendere difficile la convivenza familiare”, osserva la Dott.ssa Rossi. Per questo, l’IRCCS San Giovanni di Dio offre programmi di psicoeducazione gratuiti per i familiari, con l’obiettivo di aiutarli a comprendere il disturbo e a gestire meglio le dinamiche quotidiane.
Grazie alla ricerca e all’impegno di ricercatori e dottori, il trattamento del disturbo borderline sta diventando sempre più mirato ed efficace. La diagnosi precoce, l’accesso a protocolli terapeutici validati e il supporto alle famiglie rappresentano i pilastri di un approccio integrato che può realmente migliorare la qualità di vita di chi è affetto da questa condizione.
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