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Il sistema di welfare lombardo: prospettive e indirizzi di programmazione

Spada_DG_2 ARIS e UNEBA, in rappresentanza di 500 strutture lombarde a vocazione non profit operanti nel settore sanitario e sociosanitario, vogliono qui rappresentare brevemente gli elementi cardine del welfare lombardo che richiedono adeguata e competente attenzione come base di un confronto continuo e generativo con le Istituzioni Regionali.

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Le criticità dei servizi sanitari, i bisogni dell'utente e lo scenario post pandemico


Le criticità, nel sistema dei servizi sanitari e sociosanitari, portate drammaticamente in evidenza dalla pandemia da COVID-19, si inseriscono in un contesto di sofferenza complessiva del sistema welfare che, in larga misura, preesisteva.

Un sistema fatto di servizi dedicati alle persone più fragili, che rappresenta una componente fondamentale e decisiva del sistema dei servizi territoriali, e che nel corso degli anni si sono rivelati poco e mal connessi al sistema dei servizi ospedalieri il cui disegno complessivo risale a 20 anni fa.

Questa situazione ha sollecitato i nostri Enti a misurarsi con bisogni nuovi, in rapida evoluzione, e con nuove aspettative degli utenti in servizi caratterizzati da forti rigidità e da una programmazione istituzionale ormai datata.

Nel tempo la richiesta degli utenti si è spostata da una domanda di “prestazioni”, destinate a rispondere a specifici bisogni, alla richiesta di percorsi “condivisi” e attenti alle dimensioni personali connesse alla relazione di “aiuto”.

Oggi più di ieri ci viene chiesto di essere soggetti capaci di una “presa in carico” e “attenti” alle persone e alle loro famiglie, più che semplici erogatori di servizi di natura clinica o assistenziale.

A quanto sopra, sembra qui doveroso aggiungere come, in particolare per i servizi sociosanitari finanziati in larga parte mediante un meccanismo di compartecipazione, il protrarsi di una pesante situazione economica determinata dal momento attuale richieda un’attenzione specifica e continuativa da parte di Regione Lombardia, in quanto potrebbero essere messi in discussione gli stessi principi definiti nei LEA. 

 

La richiesta di ARIS e UNEBA per il miglioramento dei servizi


A prescindere quindi dalle singole iniziative di intervento sul governo del sistema welfare, ARIS e UNEBA rinnovano con forza la richiesta di istituire tavoli permanenti, con il coinvolgimento delle Associazioni degli EE.GG, per la programmazione della rete dei servizi sanitari e sociosanitari in tutte le aree di intervento: acuti, riabilitazione, cure intermedie, anziani, disabili, salute mentale, minori, assistenza domiciliare e cure palliative.

I tavoli regionali devono rappresentare il luogo in cui Regione, Associazioni di categoria, ATS e ASST possono costruire nuovi percorsi di riforma e rappresentano anche un’opportunità di confronto sull’interpretazione delle normative e per lo sviluppo di un sistema dei servizi coerente con i nuovi bisogni e le attese delle persone fragili e delle loro famiglie.

Abbiamo bisogno di una programmazione che restituisca una prospettiva temporale, anche di medio e lungo periodo, che consenta di predisporre e organizzare i servizi richiesti realizzando gli investimenti in tutte le aree di intervento prospettate. Quanto esposto valorizzerebbe le nostre strutture non come semplici erogatori di prestazioni, ma come attori con cui co-progettare e co-costruire quella dimensione di sistema accogliente e capace, come detto, di farsi carico delle persone fragili e delle loro famiglie.

All’interno di tale scenario, si propongono di seguito alcune aree tematiche più rilevanti per ARIS e UNEBA e i propri associati, che dovranno a nostro avviso trovare spazio nella programmazione regionale e nelle azioni della prossima Giunta e sulle quali invitiamo la politica ad esprimersi.

 

La qualità della vita dei cittadini al centro dell'Agenzia

Concretamente come si intende porre al centro del proprio programma di lavoro la qualità della vita dei cittadini bisognosi di assistenza sanitaria o sociosanitaria? In questo ambito quale si intende assegnare alle organizzazioni non profit?

Il concetto di qualità della vita è forse abusato, ma è fondamentale porlo al centro della riforma dei servizi dedicati alle persone fragili e vulnerabili, rendendolo effettivamente centrale nelle politiche di tutela delle persone.

Tutela che, secondo noi, si basa sull’esigenza di spostare l’attenzione dai bisogni della persona fragile alla persona nella sua interezza, nella complessità della sua storia personale e familiare, nelle aspettative e attese soprattutto centrate sui percorsi di relazioni sociali e affettive che il sistema dei servizi deve necessariamente fare propri.

In questo ambito, le organizzazioni non-profit sono un interlocutore privilegiato. Nascono dalla comunità e operano a servizio della comunità.

Nella gran parte dei Paesi europei sono valorizzate e tutelate come organizzazioni che svolgono una funzione di interesse pubblico, distinta e diversa da quella delle organizzazioni private for-profit. Norme e regole istituzionali assegnano loro un ruolo decisivo nella co-programmazione e co-progettazione dei servizi, in virtù dei valori che testimoniano e della prossimità alle persone che esprimono con la loro storia e operatività.

 

Servizi domiciliari e la riforma dei modelli di presa in carico

Quali indirizzi si intende porre in essere sul tema della domiciliarità?

Stiamo assistendo ad un’importante e profonda riforma dei modelli di presa in carico domiciliare: la recente riforma che vede la riclassificazione del servizio ADI in servizio di Cure-Domiciliari va nella direzione del superamento di una logica prestazionale e nell’introduzione di un orientamento alla presa in carico dell’utente nel proprio contesto di vita.

Tuttavia la delibera di riforma, pur caratterizzata da importanti modifiche sia relative alla valutazione multidimensionale che alla profilazione del bisogno e all’erogazione delle prestazioni, può essere ulteriormente potenziata e resa più efficace.

È opinione di chi scrive che si tratti di un’occasione privilegiata – peraltro già anticipata in diversi passaggi della delibera di riforma – per avviare concretamente un nuovo modello di presa in carico domiciliare.

In particolare, si tratta di superare definitivamente un sistema a silos inter-indipendenti per integrare efficacemente la logica del nuovo servizio di Cure Domiciliari con il sistema ospedaliero, con quello di cure primarie e con tutti gli altri interventi sociosanitari e sociali.

Operare quindi in continuità e in integrazione, secondo una logica che sostenga e accompagni il “progetto di vita” della persona fragile e dei suoi familiari. Progetto quindi, e non semplice sommatoria di PAI (Piano Assistenziale Individuale) settoriali e di processi di ammissioni e dimissioni fra loro non collegati. 

Sarà anche fondamentale operare per ripensare e alleggerire molti aspetti di complessità burocratica e amministrativa che producono più spesso dei costi invece di un concreto miglioramento della qualità della vita e delle cure che persone e famiglie ricevono.

 

La prossimità nella cura territoriale: la capacità di ascolto e comprensione

Come si intende mettere in atto il concetto di prossimità espresso a più riprese dai programmi nazionali di evoluzione della sanità territoriale?

L’attuale scenario pone il concetto di prossimità al centro della programmazione nazionale e regionale: la definizione di un diverso modello di sanità territoriale, fondato sull’integrazione fra ambiti sociale e sanitario e sulla partecipazione delle comunità territoriali alla definizione delle politiche e dei servizi, è infatti propedeutica all’attuazione di tale principio.

Prossimità va qui intesa non solo nella sua dimensione territoriale, ma anche come elemento di natura psicologica. Siamo convinti che la “vicinanza” sia intesa non solo nella sua dimensione fisica, ma anche come atteggiamento del sistema dei servizi nella capacità di ascolto, di comprensione dei bisogni espressi e non solo, cui far corrispondere interventi in termini di servizi. 

Se da un lato è evidente come il PNRR punti, nella missione 6, a ridisegnare completamente la medicina di prossimità in modo da essere più vicina alle persone, dall’altro non si dà evidenza del ruolo essenziale che le reti di offerta sociosanitaria privata e non profit possono ricoprire.

Le strutture sociosanitarie (si pensi ad esempio alle 715 RSA Lombarde) sono distribuite in modo capillare sui territori, anche i più impervi, e sono spesso il punto di riferimento per la popolazione più fragile e cronica. Lo sviluppo del pensiero di prossimità non può quindi, a nostro avviso, prescindere da un ruolo attivo del comparto sociosanitario del terzo settore e dei professionisti che in esso operano.

Non ultimo, si tratta anche di comprendere quale sarà il ruolo effettivo delle organizzazioni che erogano servizi territoriali all’interno della riorganizzazione avviata degli assetti territoriali.

Per le nostre organizzazioni sembra urgente comprendere quale sarà l’effettiva organizzazione delle Centrali Operative Territoriali, delle Case di Comunità, degli IFeC (Infermieri di Famiglia e Comunità) e quale ruolo concretamente avranno al loro interno le nostre organizzazioni e i servizi che garantiamo quotidianamente.

Anche a questo livello, non si tratta solo di scelte o applicazioni tecniche e amministrative. Le scelte tecniche devono essere sostenute dalla visione politica che le alimenta e che, riteniamo, debba includere la concreta valorizzazione del nostro settore.

 

Il futuro delle prestazioni specialistiche

Il futuro vedrà l’implementazione di centri multiservizi o la realizzazione di opere iperspecialistiche?

È proprio ragionando in termini di prossimità che le nostre strutture possono e devono assumere un ruolo attivo non solo nella programmazione, ma anche nell’erogazione di prestazioni specialistiche, focalizzate e calibrate sulla cronicità e sulle grandi fragilità.

Le nostre strutture, a partire dalle RSA passando per la rete delle Unità d’Offerta per la disabilità (RSD o Comunità alloggio) per passare alla rete dei Servizi dedicati ai minori fino ad arrivare ai servizi per le persone in fase avanzata della malattia o dedicate a persone con dipendenze o sofferenze legate alla salute mentale, lavorano da tempo in un’ottica di filiera che, negli ultimi anni si è sviluppata sempre più verso il continuum assistenziale.

Noi pensiamo che le strutture dotate di servizi, ormai divenuti multiservizi, oltre che essere una risposta a specifici bisogni di specifiche persone siano un patrimonio del territorio capace di realizzare sinergie e comunicazioni tra i cittadini e la loro richiesta di “cura”, ponendosi in una relazione d’aiuto con le famiglie e le persone fragili. 

Saranno i servizi pubblici stessi, a doversi far carico della ricomposizione della domanda di salute, troppo spesso lasciata nelle mani delle famiglie, così da efficientare i tempi e le modalità di risposta al cittadino, e nell’area socio sanitaria il contributo/coinvolgimento delle organizzazioni non profit in tal senso è fondamentale.

 

Le risorse del welfare lombardo

Con quali risorse si intende promuovere lo sviluppo del sistema del welfare lombardo? 

Il settore del welfare necessita di maggiori risorse finanziarie e del superamento della stagione delle sperimentazioni gestionali, nonché dei tetti alla crescita (si veda il DL 95/12).

Occorre definire e stabilizzare il contratto di filiera per ogni ente gestore e introdurre il budget di fragilità per ogni struttura e per ogni gestore, incrementando le risorse in aderenza ai bisogni territoriali.

Occorre un piano di budget triennale nel quale ogni ente sia sviluppatore di risorse e di dimensione sociale nel territorio in stretta sinergia con la Pubblica Amministrazione e il mondo dell’associazionismo e del volontariato (Terzo Settore in chiave moderna).

Il piano triennale di budget (unitamente al contratto triennale di filiera) rappresenta il budget di fragilità che ogni ente, nel suo territorio di appartenenza, deve condividere con il Piano di Zona, con la Conferenza dei Sindaci e con l’ASST/ATS locale portando concretamente “a terra” la rete socio sanitaria e la reale integrazione.

Ogni budget di fragilità è diverso da ente a ente, deve essere flessibile, variabile, modulare e personalizzato, poiché deve contenere i fabbisogni del territorio partendo dai settori e servizi residenziali e almeno un servizio a filiera. Solo così è possibile superare il paradigma degli accreditamenti settoriali a “silos” e il girovagare degli accreditamenti sul territorio regionale.
Deve tenere conto del ruolo effettivo svolto dalle strutture nell’ambito delle reti di patologia, in particolare per quanto riguarda il sistema dell’emergenza urgenza e delle reti oncologiche.
L’ente deve restituire al territorio la dimensione sociale, valoriale e dei servizi (contenendo i costi e le tariffe) rispetto a quanto il territorio ha fornito per la nascita e lo sviluppo di ogni ente, anche partendo dall’occupazione lavorativa.

 

Il ruolo degli Ospedali e degli Enti del Terzo Settore

Quale ruolo si prevede di assegnare agli ospedali classificati nell’ambito del Servizio Sanitario Regionale? E per gli Enti del Terzo Settore?

La riforma del Terzo Settore ha disegnato un ruolo specifico per gli ETS e le Imprese Sociali nell’ambito del rapporto pubblico privato. Troppo spesso questa normativa viene considerata limitata a piccole realtà costituite su base volontaristica: gli enti del terzo settore sono invece (anche) strutture di estrema rilevanza nel sistema erogativo del welfare lombardo. Si pensi che le sole strutture associate Aris erogano circa il 7% dell’intero volume di prestazioni sanitarie rese in tutta la Lombardia, pubblico compreso.

Investire nel terzo settore significa avere la certezza di massimizzare il trasferimento di risorse direttamente al cittadino/assistito e in questo senso le nostre strutture si distinguono nettamente dal privato for-profit con cui troppo spesso si suole identificare l’intero sistema erogativo non pubblico.

In questo contesto operano gli Ospedali Classificati. Si tratta di strutture non profit per missione, collocate statutariamente all’origine del Sistema Sanitario Nazionale, eppure oggi il regolatore pubblico tende, per semplicità, a sovrapporle a comuni ospedali privati, senza valorizzarne la natura sussidiaria al sistema pubblico.

 

La mancanza di personale sanitario

Cosa si intende promuovere per superare le attuali criticità connesse alla carenza di personale assistenziale (infermieristico in primo luogo ma non solo) e medico specialistico?  

Il tema della carenza di personale, infermieristico e non, sta assumendo dimensioni sempre più drammatiche sia nelle strutture sanitarie sia in quelle socio sanitarie. In merito vengono di seguito elencate alcune proposte e spunti di riflessione.

  • Superare il vincolo di esclusività che oggi lega l’infermiere professionale nel rapporto di lavoro con il servizio sanitario pubblico, garantendo così supporto infermieristico alle strutture residenziali territoriali da parte delle Aziende Sanitarie.
  • Finanziare corsi ASA/OSS e OSSFC che oggi sono a totale carico delle strutture o degli iscritti, per assolvere parzialmente a compiti infermieristici, riducendo il fabbisogno di personale.
  • Prorogare di un ulteriore anno (fino al 31/12/2024), e non solo per il personale infermieristico, la scadenza per l’esercizio temporaneo della professione per il personale sanitario di cui all’art.13 del DL 17/3/2020 n.18 e contemporaneamente prevedere una sanatoria per il personale che ha esercitato in questi anni (i tempi di riconoscimento del titolo da parte del Ministero hanno raggiunto e superato i 10 mesi).
  • Promuovere percorsi di reclutamento di personale sanitario e assistenziale dall’estero, semplificandone contestualmente l’iter burocratico e le tempistiche di riconoscimento.
  • Favorire percorsi di incentivazione per “distacchi” o “comandi” dall’azienda sanitaria ospedaliera verso le strutture socio sanitarie territoriali.
  • Dare risalto al ruolo della professione infermieristica nelle RSA a partire dalle scuole e dalle Università.
  • Incentivare l’investimento nella formazione e nell’aggiornamento delle competenze specialistiche per gli infermieri già impegnati all’interno delle strutture.

In un’ottica di più ampio respiro, sarebbe opportuno intervenire sulla programmazione e sui requisiti di accreditamento richiesti dalle DGR regionali.

 

I costi della Sanità e la crisi energetica

Quali iniziative si intendono porre in essere per aiutare le strutture sanitarie no-profit a superare l’impatto della attuale crisi energetica?

Come già detto in premessa, le strutture sanitarie e sociosanitarie non possono permettersi un sistema a costi crescenti, tariffe bloccate e inflazione in doppia cifra.

Se nel medio termine l’adeguamento delle tariffe appare improcrastinabile, nel breve occorre un intervento contingente che consenta di superare l’attuale situazione di crisi.

In questo senso gli interventi promossi a livello governativo, pur apprezzabili, sono una goccia nel mare. È una precisa responsabilità regionale intervenire direttamente su questo vero e proprio stato emergenziale mediante un potenziamento degli interventi in atto a livello centrale ed una semplificazione burocratica degli iter previsti per gli interventi già approvati.



La Parola di Dio è sempre illuminante e contemporanea. Non solo nella denuncia, ma anche nella proposta. La conclusione della parabola del Buon Samaritano, infatti, ci suggerisce come l’esercizio della fraternità, iniziato da un incontro a tu per tu, si possa allargare a una cura organizzata. La locanda, l’albergatore, il denaro, la promessa di tenersi informati a vicenda (cfr Lc 10,34-35): tutto questo fa pensare al ministero di sacerdoti, al lavoro di operatori sanitari e sociali, all’impegno di familiari e volontari grazie ai quali ogni giorno, in ogni parte di mondo, il bene si oppone al male.” Papa Francesco, messaggio per la XXXI Giornata Mondiale del Malato 2023.

 

Milano, 27 gennaio 2023

 

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