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Giovani e uso dello smartphone: pericoli per la salute

3 settembre 2019

Il dottor Giovanni Battista Tura, Specialista in Psichiatria e Psicoterapeuta, nonché Responsabile dell’Area di Psichiatria per l’IRCCS Centro S. Giovanni di Dio – FBF – Brescia, ha studiato il rapporto che i giovani hanno con lo smartphone, in particolar modo durante le ore notturne. In sostanza, si evince che l’uso notturno del cellulare “confonde” i meccanismi neuro-fisiologici del nostro corpo e, se usato in modo prolungato, può generare disturbi.

Ne abbiamo già parlato nell'articolo "Occhio allo smartphone: parere dell'esperto" insiemee a Pasquale Troiano, oculista dell’Ospedale Sacra Famiglia Fatebenefratelli di Erba.

Lo smartphone in sé non è il male: bisogna imparare a usarlo. Ecco le sue considerazioni.

 

Educare all’uso della tecnologia

La cosiddetta “intrusione” della tecnologia nella nostra realtà quotidiana è un fenomeno attivo e ormai incontrovertibile. È anacronistico, dunque, proporre censure o limitazioni per un qualcosa che, soprattutto nelle nuove generazioni, sembra essere un bene prezioso e insostituibile. È realistico e virtuoso, invece, riconoscere la bontà e i vantaggi di questa nuova epoca tecnologica.

Ancora una volta, la questione che sta alla base di tutto è come educare, formare e motivare i giovani all’uso dello smartphone che, quando corretto ed equilibrato, può davvero rappresentare un valore aggiunto per la qualità della vita individuale e sociale; tanto quanto un uso scorretto può invece portare a severe conseguenze in ordine di salute psichica e non solo.

Questo, ovviamente, vale a maggior ragione quando facciamo riferimento a persone o fasce di età particolarmente fragili per le loro caratteristiche oggettive, come possono essere i giovani.

 

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Il rapporto con lo smartphone

Prendiamo in considerazione il rapporto fra una persona e il suo telefono cellulare. Esistono delle evidenze significative su quanto l’utilizzo costante, continuo e a volte non sano di tale strumento sia un fenomeno di particolare interesse, con delle specificità a seconda della fascia di età considerata: nell’infanzia in ragione della relazione con lo sviluppo neuro-psichico del bambino, nell’adolescenza per ragioni multi-fattoriali, nella fascia adulta in ragione della creazione di dinamiche fino ad ora non così usuali.

Dei tanti fattori che possono essere sottolineati, molti dei quali assimilabili al concetto trasversale di “misura ed equilibrio”, il professor Tura porta all’attenzione alcune considerazioni forse non così comuni.

 

Adolescenza e smartphone

Adolescenza e smartphone è un connubio inossidabile e identificativo, tant’è che si potrebbe dire non esista neanche la domanda “smartphone sì o no?” ma direttamente “quale?”. L’acquisizione di questo strumento non è certamente più, come avveniva fino ad alcuni anni fa, il compimento di uno step evolutivo e il riconoscimento dell’ingresso in una nuova dimensione generazionale (equivalente al “rientrare dopo le 23” di alcuni lustri fa o l’uscire da soli). Questo passaggio è sempre più, e forse criticamente, anticipato. Al giorno d’oggi, l’attuale passaggio all’età adolescenziale ha spesso come rito di iniziazione il fatto che ai ragazzi non venga più imposto un limite di utilizzo della tecnologia e non sia più previsto - né prevedibile - alcun controllo sui contenuti. 

In questa fascia di età, quindi, siamo di fronte a un utilizzo che può coprire tutte le dimensioni delle caratteristiche comportamentali: da quelli virtuose, sane e funzionali, fino all’ utilizzo patologico con rischio di condotte di dipendenza.

 

Smartphone e salute: l’uso serale della tecnologia

Il dottor Tura mette in luce come nel rapporto tra i giovani e lo smartphone vi sia una criticità sottovalutata, ma di particolare rilievo sul piano neuro-fisiologico, cioè sulla sfera della salute “organica”: l’uso serale e notturno dei telefoni cellulari da parte dei ragazzi. A letto, magari a pochi centimetri di distanza dal proprio campo visivo.  “Ognuno di noi riproduce e riporta in sé il modello originale e originario di essere umano, quello che all’inizio della storia viveva e agiva con la luce del sole, riposava inattivo e dormiva in assenza della stessa”, sostiene Tura. “Un numero elevato di microsistemi, apparati, sia neurologici che ormonali, continuano a seguire la stessa legge, non tarandosi certamente sulle evoluzioni del costume ma continuando ad agire in risposta alla luce come stimolo e al buio come stop.

Sottoporre nottetempo tutto questo sistema a uno stimolo luminoso intenso come lo smartphone significa dare un messaggio gravemente confondente al nostro corpo, obbligandolo ad attivarsi come se fosse giorno. Da qui l’insonnia che ne consegue e che, in adolescenza, è uno dei fattori di maggior rischio per slatentizzare disturbi psichici anche severi”.

Ma non solo: l’insonnia generata dallo smartphone causa anche stanchezza diurna e ha riflessi negativi sull’umore non su base psicologica, ma come risultante dello stato di “confusione” generato dagli stimoli luminosi dei dispositivi elettronici.

 

Uso scorretto dello smartphone: non solo disturbi del sonno

Nell’uso dello smartphone come mediatore di contenuti, si apre un discorso complesso. Lo smartphone è lo strumento di più immediata fruizione per tante funzioni: giocare, navigare, chattare… ben oltre il suo uso primario, cioè telefonare.  Dati recenti stimano un utilizzo medio di cinque ore al giorno, innanzitutto come strumento di navigazione e poi di messaggistica.

Il dottor Tura sottolinea, tra le molteplici dinamiche generate da questo utilizzo, quelle più eclatanti:

  • l’accelerazione fra intenzione e azione, fra una richiesta e il soddisfacimento della stessa. Un fattore positivo per alcuni versi e negativo se non consente più di filtrare, attendere, decidere, procrastinare, rimandare, sostanzialmente “pensare”;
  • la pretesa che i nostri interlocutori siano sempre disponibili, “on-line”; la pretesa, di fatto, che i nostri tempi siano i loro;
  • la velleità secondo cui attraverso sintetiche chat si dovrebbero risolvere questioni fondamentali, a volte centrali del nostro esistere e delle nostre relazioni.

Lo smartphone, sempre in un uso disequilibrato che sfocia nel patologico, consente di mettere a disposizione degli altri solo una porzione filtrata, virtuale e non onnicomprensiva di noi, con il rischio di creare false identità che non ci rappresentano realmente. 
Allo stesso modo, questo è quello che riceviamo anche dai nostri interlocutori, con la conseguenza di generare relazioni parziali e artificiose.

Tutto ciò può diventare il presupposto per percorsi di sofferenza psichica di diversa natura: se l’artificiale sostituisce il reale, quando poi il reale si presenta a noi con le sue istanze complete, se non si è allenati si scappa, si va in ansia, ci si deprime. Si entra in un circolo vizioso nel quale causa ed effetto si mescolano, determinanti e risultato si confondono. 

Perché il dottor Tura sostiene che tutto questo discorso diventa primario negli adolescenti, pur con il dovuto approfondimento di ogni questione segnalata? Perché si sommano due variabili che diventano fattori di moltiplicazione: da un lato l’elevata fruizione dello smartphone, tipica della fascia adolescenziale, dall’altro il delicato e fragile percorso di identificazione e di crescita in corso nei giovani, in cui ogni variabile in campo ha un valore specifico elevato. Più queste variabili sono disequilibranti, innaturali e decontestualizzate rispetto alla crescita fisiologica, più rischiano di generare malessere e reali disturbi.

Quali disturbi? Esiste una tavolozza di possibilità, che va dalla semplice esagerazione o “cattiva abitudine”, all’uso incongruo, fino alla dipendenza e allo sviluppo di patologie in cui l’uso della tecnologia diventa un sostituto del reale e consente all’adolescente di permanere in questa dimensione virtuale e patogena con l’illusione di poter trovare tutto.

La prima prova, semplice quanto banale, per capire com’è il nostro rapporto con lo smartphone è chiedersi semplicemente: “cosa mi succede se dimentico il cellulare a casa? Cosa mi succede se non funziona e in poco tempo non riesco a ripararlo? Riesco, la sera, a metterlo sotto carica in cucina e non sul mio comodino?” Semplicemente esaminando il nostro stato d’animo in questi contesti, si può percepire come sia il nostro legame con il nostro cellulare, e in che punto della tavolozza delle problematicità siamo.

Intervenire sui comportamenti scorretti nell’uso dello smartphone

Gli interventi, una volta che si è definito il problema, sono gli stessi che si adottano verso i comportamenti e le condotte problematiche. Per i comportamenti stessi si attivano dei percorsi psico-educazionali e comportamentali mirati a identificare il problema, riconoscerlo, caprine le dinamiche, contenerlo con una riorganizzazione del proprio tempo e delle proprie modalità di azione quotidiana.

E poi, più profondamente, si deve andare alla ricerca di quel qualcosa che, sotto le più diverse forme e possibilità, ha fatto emergere questa nostra fragilità, l’ha generata e ci ha spinto a cercare in queste condotte problematiche una falsa risposta, una falsa soluzione. Un lavoro psicologico, quindi, ma anche fattuale e di concretezza, che consenta ai nostri ragazzi di riportare il tutto in quella positiva dimensione che ci mette quotidianamente a disposizione strumenti e possibilità di vivere meglio, a patto che questo meglio sia anche nell’uso della tecnologia.

Il dottor Tura conclude: “né mitizzazione, né demonizzazione, solo un giusto e sano equilibrio, solo un uso subordinato alla centralità della nostra persona nelle sue infinite possibilità di espressione, che va ben oltre la tecnologia di cui disponiamo”.

 

Esistono, dunque, delle considerazioni di buon senso che valgono trasversalmente per tutte le problematiche correlate ai comportamenti e alle abitudini delle persone. Lo smartphone in sé non è un elemento dannoso: bisogna solo imparare ad usarlo in modo coscienzioso e a nostro vantaggio.

 

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