Ogni giorno, migliaia di famiglie si trovano ad affrontare la complessa realtà dell’assistenza a un proprio caro affetto da demenza. Il ruolo del caregiver, spesso assunto da un familiare, è una responsabilità gravosa che impatta profondamente la vita personale, lavorativa e sociale di chi se ne fa carico. Nonostante l’importanza di questa figura, il sostegno istituzionale è ancora insufficiente e molte persone si trovano ad affrontare la cura in una condizione di solitudine e stress.
Il Dott. Orazio Zanetti, specialista in Geriatria e Gerontologia, è stato per anni Dirigente di II livello nell’Unità Alzheimer dell’Area Psichiatrica-Ospedaliera dell’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia. Nel corso della sua carriera ha avuto modo di conoscere da vicino le problematiche dei pazienti e delle loro famiglie e acquisendo una visione approfondita sulle difficoltà che i caregiver devono fronteggiare ogni giorno. Sebbene oggi sia in pensione, il suo impegno nel settore continua, e a lui va il nostro sincero ringraziamento per la professionalità, la dedizione e l’umanità dimostrate negli anni.
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Negli anni, il tema della solitudine dei caregiver è emerso con sempre maggiore urgenza. Se da un lato la sensibilità istituzionale è cresciuta, anche grazie al lavoro di associazioni come AIMA (Associazione Italiana Malattia di Alzheimer), dall’altro i dati dimostrano che molto resta ancora da fare.
Una recente ricerca condotta da CENSIS e AIMA ha tracciato un quadro allarmante: il 20% dei caregiver non riceve alcun aiuto, mentre il 41,1% delle famiglie si affida a una badante, affrontando costi elevatissimi, che rappresentano il 75% della spesa complessiva per la cura di un paziente (+15% rispetto al 2015). Il costo medio annuo per assistere una persona con demenza può raggiungere i 72.000 euro.
Il caregiver tipico ha un’età compresa tra i 45 e i 60 anni e, nel 55% dei casi, lavora. Le donne sono particolarmente colpite: oltre il 70% dei caregiver è di sesso femminile, spesso costrette a bilanciare il ruolo di assistenti con quello di madri e lavoratrici, diventando le cosiddette donne sandwich.
L’assistenza continua a un familiare con demenza ha conseguenze significative sulla salute del caregiver. Gli studi dimostrano che i caregiver fanno un uso maggiore di farmaci ansiolitici, antidepressivi e per il sonno rispetto alla popolazione generale. Inoltre, l’aspettativa di vita dei caregiver di persone con deterioramento cognitivo risulta inferiore rispetto a chi non svolge questo ruolo.
Il dato più drammatico riguarda il senso di isolamento: il 68% dei caregiver afferma di sentirsi solo, mentre nel 50% dei casi si segnalano tensioni all’interno della famiglia. Questo riflette la centralità del nucleo familiare nell’assistenza ai malati di Alzheimer: l’87% delle persone con demenza è assistita in casa, mentre solo una minoranza è ospitata nelle RSA. Tuttavia, rispetto al passato, il supporto familiare si è ridotto, rendendo ancora più gravoso il compito del caregiver principale.
L’avanzare dell’età e l’insorgere di nuove malattie possono diventare una sfida emotiva e psicologica, non solo per chi affronta il processo di invecchiamento, ma anche per i familiari che condividono questo percorso. In questa guida troverai consigli preziosi per affrontare insieme, con serenità e consapevolezza, questa nuova fase della vita.
Uno degli aspetti più preoccupanti emersi dalla ricerca riguarda la percezione dell’assistenza pubblica. Solo il 36% delle famiglie la giudica positivamente, mentre il 42% ritiene che negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, la situazione sia rimasta invariata o addirittura peggiorata. Il ricorso alle badanti è rimasto stabile, ma si registra un’inversione di tendenza: oggi prevalgono le badanti non conviventi, rispetto a quelle conviventi.
L’età media delle persone con demenza è di 77 anni per gli uomini e 80 per le donne. In molti casi, la malattia si associa ad altre patologie croniche che ne aggravano il decorso. Purtroppo, lo stigma sociale e i pregiudizi sono ancora forti: due persone su tre ritengono che la demenza sia una conseguenza inevitabile dell’invecchiamento, mentre una persona su quattro crede che non vi siano possibilità di prevenzione. Di conseguenza, il 53% delle persone con demenza in Italia (e quasi il 60% nel Sud) non ha mai effettuato una valutazione presso i Centri per i disturbi cognitivi e le demenze (CDCD), e la diagnosi arriva con un ritardo medio di due anni.
Contrastare la solitudine dei caregiver significa potenziare il sostegno familiare, migliorare i servizi pubblici e promuovere una diagnosi precoce della demenza. Oggi, la scienza ci offre strumenti diagnostici sempre più raffinati e interventi preventivi efficaci. Studi recenti dimostrano che il 35% dei casi di malattia di Alzheimer potrebbe essere prevenuto (Leggi anche il nostro articolo: Prevenire l'Alzheimer 6 consigli per la salute del cervello) intervenendo su fattori di rischio modificabili, come:
La famiglia non può sostenere da sola il peso della demenza senza un adeguato supporto istituzionale. Servono investimenti nei servizi territoriali, formazione per i caregiver e una maggiore sensibilizzazione della società. Inoltre, l’innovazione tecnologica, come i dispositivi di monitoraggio e le piattaforme digitali per il supporto ai caregiver, potrebbe offrire soluzioni efficaci.
Il contrasto allo stigma, il sostegno alle famiglie, la diagnosi precoce e la prevenzione rappresentano i pilastri fondamentali su cui costruire un nuovo approccio alla cura delle persone con demenza. È necessario un impegno collettivo affinché la nostra comunità diventi più solidale e inclusiva, garantendo ai caregiver il supporto necessario per affrontare una sfida così complessa e cruciale per il futuro della nostra società.
Articolo trattato dalla rivista Fatebenefratelli gennaio-marzo
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