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San Giovanni di Dio e la nascita dell’Ospedale Umanizzato

Nell’articolo “L’Ospedale Reale e la nascita del carisma dell’ospitalità” abbiamo visto come il periodo di ricovero di San Giovanni di Dio fu decisivo per la scelta di realizzare “il suo ospedale umanizzato”.

Ripercorriamo le fasi e le modalità del primo servizio assistenziale promosso da San Giovanni di Dio - il fondatore dell’ospedale moderno - e dai suoi collaboratori che, insieme a lui, diedero origine all’Ordine Fatebenefratelli.

 

Le strutture assistenziali

Una volta congedato dall’Ospedale Reale e dopo un breve pellegrinaggio a Guadalupe, San Giovanni di Dio fece ritorno a Granada, dove diede inizio alla “sua” attività assistenziale. Inizialmente, venne realizzato un ospizio notturno dove accogliere i poveri e i sofferenti. Successivamente, quando il numero degli infermi iniziò ad aumentare, il santo, aiutato da altre figure “distinte e pie”, costituì diversi centri per la cura e l’accoglienza dei più bisognosi. Infatti, oltre quello a Calleluja Lucena, considerato il primo vero e proprio ospedale di San Giovanni di Dio, vi furono altre strutture assistenziali importanti come il ricovero per le emergenze notturne “Casa de los Venegas”, l’ospizio notturno a Calle Lucena, l’ospedale di Via Goméles e il ricovero per i pellegrini presso l’ospedale di Toledo.

 

L’attività assistenziale

La prima attività assistenziale dell’ospedale di San Giovanni di Dio accoglieva circa 150 pazienti. Oltre alle cure mediche rivolte ai malati, nella struttura si svolgevano diverse attività rivolte alla cura dell’animo e dello spirito.
Al mattino si recitavano le quattro orazioni” - il Padre Nostro, l’Ave Maria, il Credo e la Salve Regina - e dopo di queste, il sacrestano recitava la dottrina cristiana.
La giornata continuava con l’ergoterapia, cioè la terapia occupazionale, composta da un’insieme di attività lavorative come la raccolta della legna nel bosco: un metodo ritenuto efficace per la cura delle malattie mentali.

 

I pazienti dell’ospedale

L’ospedale di San Giovanni di Dio accoglieva tutti, sia i malati, sia chi si sentiva vulnerabile e “isolato” dalla società.
Per quanto riguarda gli affetti da malattie fisiche e psichiche, vi erano i malati di patologie cutanee come i lebbrosi, gli individui affetti da specifiche infezioni, i feriti di guerra e i malati mentali.
In merito ai pazienti con problemi sociali vi erano, tra gli altri, le persone anziane- a tal proposito è importante sottolineare come l’ospedale di San Giovanni di Dio funzionasse anche come ospizio -, i bambini, molti dei quali abbandonati, vedove ed orfani, persone povere e bisognose.
Vi erano, poi, i pellegrini che passavano per Granada durante il loro percorso, come il celebre Cammino di Santiago de Compostela o il pellegrinaggio attraverso la Via Francigena.

 

Lo stile assistenziale

Le modalità con le quali San Giovanni di Dio si prese cura dei più bisognosi possedevano alcune peculiarità. Tra queste ricordiamo la particolare compassione con la quale il santo si prendeva cura delle persone. Unaccoglienza fondata sulla carità e l’amorevolezza e mai su metodi duri e crudeli, come quelli che egli aveva subito personalmente presso l’Ospedale Reale. L’assistenza, inoltre, veniva realizzata con l’aiuto di tutti coloro che volessero dare un aiuto, quali collaboratori, volontari e benefattori.
Un altro elemento che caratterizzava lo stile assistenziale era l’universalità dell’accoglienza, intesa come volontà di prendersi cura di tutti gli uomini e le donne, senza distinzione.
La carità è stato il valore fondamentale che ha caratterizzato tutta l’opera assistenziale di San Giovanni di Dio. Egli, infatti, era solito ripetere:abbiate sempre carità, perché dove c’è carità c’è Dio.
Oggi questa eredità si riflette nelle attività dell’Ordine Fatebenefratelli: l’Asilo Notturno San Riccardo Pampuri di Brescia, ad esempio, dagli anni ottanta ad oggi è l’istituzione che, inserendosi nel “Villaggio della Carità”, si occupa degli ultimi, di coloro che vivono ai margini della società, dei senza fissa dimora italiani e stranieri. 

 

I collaboratori

L’opera assistenziale di San Giovanni di Dio fu realizzata con la collaborazione di diversi uomini. Tra tutti spicca Angulo, laico e sposato, fu un collaboratore fidato del santo e, dopo la morte di quest’ultimo, gli fu dato il titolo di mayordomo.
Anton Martín, invece, può essere considerato il primo “fatebenefratello”. Proveniva da una famiglia cristiana e, dopo aver conosciuto San Giovanni di Dio, iniziò la sua opera di assistenza ed elemosina accanto a lui. Alla morte del santo, Anton Martín divenne la guida dell’ospedale.
Pedro Velasco fu un altro fedele collaboratore del santo. Specializzato nel chiedere l’elemosina per il frumento, si faceva chiamare “Pedro pecador” e, a causa di alcuni peccati commessi in passato, condusse una vita di penitenze.
Simon de Avila, Domenico Piola e Juan García furono le altre tre figure insieme alle quali venne costituita la prima comunità, che avrebbe poi dato origine all’Ordine Ospedaliero Fatebenefratelli.
Prima dell’incontro con San Giovanni di Dio, questi sei uomini conducevano una vita normale, con i loro vizi e le loro “umane” personalità. L’incontro con San Giovanni di Dio li cambiò profondamente, portandoli a desiderare
una vita piena e soddisfacente come sa dare quella dedita all’accoglienza e all’assistenza.

In conclusione, l’Ordine Ospedaliero Fatebenefratelli si può dire che nasca con il primo ospedale “umanizzato” ad opera del fondatore, San Giovanni di Dio. L’Ordine, partito da una piccola comunità, ha raggiunto le dimensioni e la portata internazionale che posseggono oggi i Fatebenefratelli.

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