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Carità e accoglienza: l'intervista a Fra Massimo Villa

La carità è un valore fondamentale per l’Ordine Fatebenefratelli, come insegna l’operato di San Giovanni di Dio che già nel XVI secolo prestava le sue cure a tutti i malati, ed in particolare ai più poveri. Ne abbiamo parlato con Fra Massimo Villa, Superiore della Provincia Lombardo Veneta. 

Per approfondire i principi, il carisma e la missione dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, scarica la Carta d'Identità dell'Ordine.

Oggi qual è il luogo della carità per i Fatebenefratelli?

San Giovanni di Dio usava ripetere: “Abbiate sempre carità, perché dove c’è carità c’è Dio”. L’espressione del nostro fondatore che da sempre stimola l’attività caritativa della nostra Provincia Religiosa, trova una traduzione concreta nell’attività istituzionale delle opere socio sanitarie e assistenziali, ma ci induce anche a cogliere i bisogni che di volta in volta la società esprime e, nel limite delle nostre possibilità, a creare delle risposte adeguate ai bisogni espressi. L’Asilo Notturno San Riccardo Pampuri di Brescia, ad esempio, dagli anni ottanta ad oggi è l’istituzione che, inserendosi nel “Villaggio della Carità”, si occupa degli ultimi, di coloro che vivono ai margini della società, dei senza fissa dimora italiani e stranieri. Non è casuale questo impegno: il fondatore dell’Ordine, nella Spagna del XVI secolo, prestava le sue cure a tutti i malati, ma particolarmente ai più poveri. Quest’attenzione per l’indigente è sempre stata viva nell’Ordine e ancora oggi facciamo la “carità” secondo il comando di San Giovanni di Dio che insegnava a “fare bene il bene che possiamo fare”, ovunque ve ne fosse la necessità.

Qual è l’origine dell’Asilo notturno?

Quest’istituzione nacque negli anni Ottanta da uno slancio caritativo: inizialmente i novizi e il loro maestro vollero rispondere ai bisogni di chi passava le notti in stazione, offrendo loro coperte e bevande calde per alleggerire il freddo della notte. Con il tempo, alcuni di quei senza fissa dimora accettarono di entrare in uno spazio adibito all’interno della struttura ospedaliera di via Pilastroni per avere un letto, un pasto caldo, la possibilità di una doccia e del cambio della biancheria, ma non solo. Con l’aiuto di molti volontari e degli obiettori di coscienza entrarono in un programma di reinserimento sociale e lavorativo.

In altre parole, il “bene” veniva restituito?

Gallora, effettivamente, qualcuno degli ospiti dell’Asilo notturno, come avviene anche oggi, volendo “restituire” il bene ricevuto, divenne collaboratore dell’Asilo notturno a servizio di altri fratelli che vivono la triste realtà dell’emarginazione.  Nel 1981, anno della beatificazione di Riccardo Pampuri, la struttura gli fu intitolata e l’Asilo notturno iniziò la sua “ascesa caritativa”, collaborando con le altre istituzioni del territorio, a partire dalla Caritas, dalle parrocchie e dal Comune di Brescia, per creare la necessaria rete di interventi a favore di chi viveva realtà di povertà ed emarginazione. La struttura fu allora ristrutturata, si crearono docce e servizi che permettevano di dare sollievo anche a un numero superiore di ospiti, per quanto i posti letto restassero trenta.

 

Cosa successe quando la povertà cambiò colore della pelle?

Prima di quella fase ci furono gli anni Duemila, le prime ondate migratorie dall’Est europeo, che posero una diversa necessità di accoglienza, sempre più rivolta agli stranieri: l’Asilo notturno fu dedicato ad accogliere anche i minori, in un serrato lavoro di rete con le altre istituzioni territoriali, coordinato dalla Prefettura. Nel 2015 fu ampliato il padiglione San Giovanni Grande che si trova nel complesso di via Pilastroni e furono dedicati a quest’attività due reparti dell’ex ospedale S. Orsola. Le esigenze della città erano mutate e per questo i posti letto divennero 300, interamente dedicati a richiedenti asilo. Non mutò invece la volontà di accompagnare all’accoglienza il reinserimento sociale e la restituzione: oltre a mantenere in attività il centro, gli ospiti che lo desiderano partecipano a progetti promossi in collaborazione con il Comune di Brescia e altre associazioni cittadine.

Gli italiani non hanno avuto più bisogno della carità dei Fatebenefratelli?

Al contrario. A riprova del fatto che l’accoglienza viene prestata come una risposta ad un bisogno della società e che tale bisogno cambia di continuo, da un anno è stata creata sempre a Brescia, in uno spazio attiguo al centro di accoglienza per migranti, la “Locanda di San Giovanni di Dio”, per senza fissa dimora italiani, alcuni già impegnati in un programma di reinserimento sociale della Caritas. Parallelamente, sono nate mense per indigenti a Cernusco sul Naviglio, San Colombano al Lambro e San Maurizio Canavese, dove operiamo in ambito sociosanitario.
La missione dei Fatebenefratelli è dunque la stessa di sempre: fate del bene, fratelli, perché facendo del bene ai poveri lo farete a voi stessi, lo diceva San Giovanni di Dio. Oggi quest’accoglienza – che si rivolge di volta in volta allo straniero e all’italiano – è un modo di fare promozione umana nel rispetto delle leggi e contribuendo a uno sviluppo economico e sociale rispettoso della persona umana.

 

La carità è un valore fondamentale, una missione che si esprime attraverso diversi luoghi, forme e azioni e che dà un senso alla vita dell’uomo, poiché chi fa del bene agli altri, lo fa anche a se stesso.

Cliccando l’immagine sottostante potrai scaricare la Carta d’Identità dell’Ordine e approfondire la tematica della carità e i valori che ci contraddistinguono. 

 

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