Prevenire l'Alzheimer sta diventando una vera e propria priorità. Si tratta infatti di una malattia neurodegenerativa in costante aumento: si stima che il numero di persone affette da demenza triplicherà nei prossimi trent’anni, comportando enormi costi assistenziali e sociali.
La ricerca scientifica ha fatto significativi passi avanti sul fronte della prevenzione: quali sono quindi le buone regole per prevenire una delle più gravi forme di demenza? Ce ne parla il Dott. Zanetti, specialista in Geriatra e Gerontologia dell’IRCCS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli di Brescia, centro leader nella ricerca e cura di disturbi mentali e cognitivi.
Continua a leggere, in questo articolo parleremo di:
- La prevenzione dell'Alzheimer e i fattori di rischio
- Come prevenire l’Alzheimer: 6 consigli utili
- Malattia di Alzheimer: come si diagnostica
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Sul versante della prevenzione esistono una serie di studi molto interessanti: si calcola che ben il 35% dei casi di Alzheimer possa essere ridotto grazie all’intervento su fattori modificabili, sui quali è possibile agire il più precocemente possibile cambiando il proprio stile di vita. Nello specifico sarebbero coinvolti 7 importati fattori:
La prevenzione dell'Alzheimer viene distinta, dunque, in due principali categorie: primaria e secondaria. Gli interventi di prevenzione primaria agiscono su soggetti prima della comparsa dei sintomi, mentre quella secondaria si concentra su pazienti considerati altamente a rischio o in cui il processo neurodegenerativo della malattia è già in atto.
Di recente gli studi scientifici si sono concentrati su questa innovativa e significativa area di indagine, mostrando come alcuni interventi possano migliorare la salute cognitiva e cerebrale degli anziani.
È quindi possibile provare a prevenire l’Alzheimer e altre demenze? Certo e sono diversissime le aree su cui è possibile intervenire. Ecco quindi 6 strategie che è possibile adottare fin da subito per migliorare le proprie performance cognitive e tenere allenato e attivo il proprio cervello:
L’attività fisica ossigena il sangue e aiuta le cellule nervose: per tenere giovani ed energici mente e corpo, pratica la corsa, la camminata veloce o la cyclette.
Chi fuma ha un rischio maggiore di sviluppare malattia di Alzheimer. Evita le cattive abitudini: smetti di fumare e riduci l’uso di alcool al minimo.
Ciò che fa bene al cuore fa bene anche al cervello: i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e l’ictus, come obesità, ipertensione e diabete, sono non a caso anche fattori di rischio per lo sviluppo dell’Alzheimer. Tieni sotto controllo peso, pressione, colesterolo e glicemia.
Nutrire il nostro cervello nel modo giusto aiuta a ridurre il rischio di malattia di Alzheimer. In particolare, la dieta mediterranea si è rilevata incredibilmente efficace. Gli alimenti, che è utile consumare quotidianamente e in quantità, sono frutta e verdura (meglio se di stagione), pane, pasta e cereali (meglio se integrali), olio di oliva, cipolla, aglio e spezie per insaporire i piatti, invece del sale. In sintesi, assumi meno grassi, come carne rossa, salumi, insaccati e dolci, e più sostanze antiossidanti.
Mantenere il cervello attivo e impegnato stimola la crescita delle cellule e delle connessioni nervose. Leggi un libro o un giornale, fai un cruciverba, gioca a carte o dama, visita un museo o una mostra!
Prendere parte ad attività sociali e ricreative e impegnarsi quotidianamente in rapporti con altre persone migliora la qualità della e comporta un minore rischio di demenza. Socializza, conversa, ritorna sui banchi di scuola!
La variabilità dei sintomi correlati all'Alzheimer fa sì che spesso ci sia un ritardo nella diagnosi e, quindi, una mancata tempestività delle misure terapeutiche. Oggigiorno esistono però diversi strumenti diagnostici per identificare in modo precoce i soggetti ad alto rischio.
Si ricorre, infatti, a indagini radiologiche per constatare la presenza o meno di accumuli di una particolare proteina, la beta-amiloide, che si riscontrano nel cervello dei malati di Alzheimer. Se l’esito dell’indagine PET – acronimo di tomografia a emissione di positroni – è negativo, si può affermare, con una grande probabilità, che non siamo in presenza di Alzheimer. In caso di positività, si potrebbe trattare di questa come di altre patologie neurologiche che andranno accertate successivamente.
In quale fascia d’età può aver senso fare queste analisi?
“Sicuramente fra i 50-70 anni oltre la probabilità di trovare una PET positiva è molto alta, a prescindere dall’avere sintomi o meno. L’amiloide, difatti, tende ad accumularsi nel cervello 20-25 anni prima dell’inizio dei sintomi” spiega il Dottor Zanetti.
Tuttavia, la PET per evidenziare la presenza di amiloide rappresenta solo uno dei passi. L’analisi diagnostica comprende un quadro molto più ampio e complesso, ovvero: un’attenta valutazione clinica del paziente, la raccolta della storia clinica, una valutazione neuropsicologica molto raffinata, risonanza magnetica per la volumetria ippocampale.
È bene però sottolineare che i fattori di rischio qui elencati agiscono congiuntamente: è quindi evidente che l’eliminazione, anche se totale, di uno di questi non comporterebbe l’eliminazione totale dei casi a esso attribuiti, in quanto una parte verrebbe comunque determinata da altri fattori.
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